venerdì 1 gennaio 2016

To be number one: Norberto Murara Neto

Minuto 29 del primo tempo di Fiorentina – Tottenham, sedicesimo di finale di Europa League. La Fiorentina soffre da matti, gli inglesi sono padroni del campo e danno l’idea di poter passare (e mettere fine ai sogni di gloria viola maturati dopo il risultato dell’andata a Londra) da un momento all’altro. Succede in quel momento. Soldado taglia la retroguardia viola come burro e si invola verso la porta per segnare un gol che più facile non si può, e che per Firenze sarebbe la fine. Davanti al suo estremo difensore si presentano in due, lui e Chadii. Soldado ha due soluzioni, tirare o passare al compagno smarcato sulla sinistra. Sceglie la seconda.
A difendere sogni e illusioni di Firenze è rimasto un uomo solo. Norberto Murara Neto è da mesi al centro di una polemica come non se ne vedevano dai tempi di Montolivo. Ha fatto sapere fin da Natale che non rinnoverà con la Fiorentina, e accetterà le offerte della Juventus. Il datore di lavoro, impermalito, ha preteso che fosse sbattuto in tribuna. Complici le buone prestazioni del suo vice subentrato, il rumeno Ciprian Tatarusanu, di Neto non se ne è sentito parlare più se non per il consueto mantra di insulti che Firenze, città d’arte, riserva di consueto a chi non resta ma parte. Traditore, è la parola più carina.
Succede che a pochi giorni da questa sfida con gli inglesi che vale una stagione il titolare Tatarusanu si fa male. Tocca a lui, che fino a prova contraria è ancora sotto contratto con la Fiorentina e con quell’Andrea Della Valle che lo vede come il fumo negli occhi. Montella non ha dubbi. Firenze invece li ha tutti, i soliti. La parte meno nobile, e anche tutto sommato meno intelligente del tifo viola si interroga per giorni sui massimi sistemi: se sia giusto sostenere il portiere chiamato alla difesa della patria pallonara nel momento estremo del bisogno (Shakespeare e Umberto Saba ci perdonino la citazione e l’accostamento a cotanta insipienza), oppure se sia giusto fischiare il fedifrago, ingrato (ma di che?) in procinto di convolare a nozze con la madre di tutti i nemici, la Vecchia Signora?
Finisce tutto, per fortuna, imbecillità compresa, al minuto 29 di questa partita di Europa League. Con una freddezza per trovare esempi della quale bisogna forse risalire a mostri sacri come Sarti o Albertosi, Murara Neto rimane in piedi, fermo immobile fino all’ultimo. E quando Soldado abbocca alla sua “mancata” finta e passa – malamente – al compagno Chadii, Norberto nostro ha già letto tutto da mezz’ora e si butta come un anaconda delle sue terre natie a ghermire il pallone.
La partita del Tottenham finisce lì, e finalmente – su quella prodezza – può cominciare quella della Fiorentina, che prende coraggio dal coraggio del suo Numero Uno e da quel momento comincia a battersi e a colpire anch’essa come un serpente dal veleno letale. Gomez e Salah attaccano con la stessa freddezza e la stessa implacabile precisione di Neto. Il quale – a prescindere da qualunque cosa gli riservi e ci riservi il futuro, in tempi di Legge Bosman – resterà nella storia della Fiorentina per questa partita e per questa prodezza. 
E ci resterà a buon diritto, come uno dei più grandi portieri che abbiano vestito questa maglia. Succede a Sebastien Frey, in questa galleria dove abbiamo cantato le gesta di chi ha onorato il labaro viola. Rimane impresso nella mente di tutti il fotogramma in cui, senza enfasi ma con l’espressione infervorata di un condottiero, rilancia avanti il pallone con semplicità e con effetto dopo aver fatto qualcosa che cambia non solo una partita ma una intera stagione.
I suoi avi erano partiti dal Trentino, lui è nato ad Araxà, nello Stato di Minas Gerais in Brasile. Pantaleo Corvino, a cui prima o poi qualcuno dovrà fare un monumento perché i talenti che ha portato lui a Firenze a questo punto hanno ben pochi precedenti, lo prelevò nel 2011 dal Cruzeiro. Nella stagione successiva a Firenze fece da secondo a Artur Boruc, più sregolatezza che genio. In quella successiva ancora fece da secondo ad Emiliano Viviano, l’enfant du pays che non ebbe pace finché non venne a rivestire la maglia di portiere della sua squadra del cuore. Salvo dimostrarsi poi inadatto, perché troppo emotivo come molti tifosi della Fiorentina.
A metà stagione Neto fu chiamato ad esordire contro l’Udinese. Andò bene in Coppa Italia, con una vittoria. Male nella ripetizione del match in campionato. Un gol della domenica preso dalla distanza spinse Montella a ritornare su Viviano, e fino alla fine della stagione fu un dualismo che non giovò a nessuno. O meglio, non giovò a Emiliano, che crollò e a fine stagione tolse le tende. Norberto invece strinse i denti e mostrò di che pasta, e di che carattere era fatto. Nell’estate 2013 fu promosso titolare, e da quel momento – con la grinta e con il lavoro – si prese lo spazio tra i pali della porta viola senza che nessuno se la sentisse più di metterlo in discussione. Alcuni punti importanti tra quelli che a fine stagione riportarono al quarto posto la Fiorentina furono conquistati da lui.
Scolari non se la sentì poi di mettere in discussione il mostro sacro Julio Cesar ai mondiali casalinghi che il Brasile finì per perdere malamente. Forse non fu per colpa del portiere, ma la mancata convocazione della “promessa” Neto non risultò certo uno dei punti a favore del tecnico carioca. Neto, abituato a stringere i denti, si presentò in ogni caso all’avvio della stagione 2014-15 ancora più forte e determinato a sbaragliare la concorrenza sia a Firenze (missione già compiuta) che in patria.
Era inevitabile che gli mettesse addosso gli occhi qualche grande squadra. Anzi, che glieli mettesse addosso l’unica grande squadra con cui Firenze non è mai riuscita a venire a patti. La Juventus aveva cominciato a programmare il dopo Buffon, Neto le era sembrato la scelta migliore. Andrea Della Valle si impermalì delle offerte juventine e del gradimento mostrato dal suo dipendente. Ma non offrì niente di paragonabile, e seppe reagire imponendo soltanto la messa in tribuna del reprobo.
Fino a ieri. Esiste un Dio speciale per gli avventati, ricchi o poveri che siano. Quel Dio ci ha conservato in salute e nel pieno possesso delle sue facoltà soprattutto mentali il Neto capace di ipnotizzare l’attacco del Tottenham e di festeggiare alla fine insieme ai compagni la felicità di una qualificazione che – diciamocelo chiaramente – se non fosse stato in primis per lui non sarebbe mai arrivata. I suoi compagni l’hanno sentito chiaramente, gli abbracci che gli hanno riservato alla fine del match erano forti e sinceri.
Norberto a fine stagione se ne va, magari dopo averci regalato qualche altra serata da cui non ci separeremo tanto facilmente. E’ un suo diritto e una sua prerogativa, in tempi di professionismo calcistico, e in fondo bastava offrirgli di più per tenerlo, lui che ha sempre detto che a Firenze stava molto bene. Quello che non dimenticheremo facilmente, assieme allo scatto dell’anaconda sui piedi di Chadii a spezzare le velleità del Tottenham, è quel suo sguardo con un misto di fuoco e di ghiaccio dentro.

Norberto Murara Neto succede a Sebastien Frey nella dinastia dei grandi portieri viola. Speriamo che Ciprian Tatarusanu tra qualche anno ci faccia scrivere le stesse cose. Qualcuno dice che conta solo la maglia. Nossignori, conta anche chi l’ha indossata. E come.

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