mercoledì 14 settembre 2016

Arrivano i nostri?


Khalifa Bin Zayed al Nahayan

Radio Stadio la dà per certa. Un’offerta che è difficile, se non alla fine impossibile rifiutare. Come quella per Alonso. Sul piatto dei della Valle sarebbero stati posti 180 milioni di euro, cash. A metterceli, Khalifa Bin Zayed al Nahayan, presidente degli Emirati Arabi Uniti con capitale Abu Dabhi, nonché proprietario della compagnia aerea di bandiera locale. Il cui nome a Firenze sta diventando leggenda.
Etihad. Come la Quinta armata del generale Clark. Arrivano, non arrivano, i nostri liberatori? E quando arrivano? Pare che l’ultima Linea Gotica da sfondare, l’ultimo fattore da valutare per rendere operativa l’operazione (ci si scusi il gioco di parole) sia la questione della fattibilità del nuovo stadio.
Tanta carne al fuoco da cuocere a puntino. A fronte di una stagione cominciata che più alla meno non si può. Diciamo la verità, qualcosa di fondato ci dev’essere. Al di là dei discorsi e delle giustificazioni degli attuali proprietari della Fiorentina e di tutta la stampa cittadina che adesso – come da diverso tempo – cerca di far combaciare la realtà con il mito secondo i dettami della filosofia platonica (ci perdoni il grande filosofo l’accostamento oggettivamente stridente), non ha senso cominciare appunto una stagione in un modo che pare tanto un 8 settembre addomesticato se l’obbiettivo finale non è quello di ritirarsi a Brindisi: vendere, andarsene, mollare, fare festa.
Non hanno voluto provarci, i Della Valle quando la Fiorentina era bene o male in testa alla classifica o a ridosso, la stagione scorsa. Che senso ha provarci adesso – a restare a tutti i costi, intendiamo – che la squadra è stata ridotta in condizioni tali che anche un Torino, una Sampdoria, un Sassuolo appaiono concorrenti temibili per una corsa dal sesto al decimo posto?
E’ una stagione impostata per concludersi in modo probabilmente complicato. Ciò ha senso soltanto in funzione di una exit strategy. L’offerta, dice appunto Radio Stadio, c’é. I Della Valle la stanno valutando. Ethiad, o chi per lei, sta valutando  nel frattempo l’opportunità di un investimento complessivo su stadio e infrastrutture (non dimentichiamo che l’area Mercafir, finora proposta all’uopo dal Comune, è a due passi dall’aeroporto di Peretola, su cui tra l’altro pendono pianificazioni e intenzioni di investimento pubbliche e private, per quanto tutte da verificare).
In attesa di verifiche, l’interrogativo si impone. Perché lo stadio a Della Valle no e ad Ethiad sì? Le considerazioni, se non le risposte, sono tante. Forse quattordici anni non sono passati senza lasciare il segno, come le rughe sui nostri volti di tifosi invecchiati, sulle posizioni di partenza dei Della Valle medesimi, in termini di amicizie perse e strategie andate a male. Quando fallì Cecchi Gori era ancora la Seconda Repubblica. Bastava un Mastella a catapultare degli imprenditori ancor giovani e tutto sommato ambiziosi nel gran mondo dell’alta finanza, della macroeconomia, della politica che conta.
Da lì in poi, lo scaltro Diego Della Valle fece lo stesso errore dello sprovveduto Cecchi Gori che aveva sostituito nel cuore dei fiorentini: si scelse i nemici come peggio non poteva. Berlusconi e Agnelli li puoi affrontare con qualche chance se dietro hai una Merkel, non un Mastella. Nel frattempo la Repubblica è diventata la Terza, e ti sei giocato anche quel Renzi che all’inizio era tutto pappa e ciccia e veniva a vedere le partite accanto a te con la stessa maglietta viola da ragazzini cresciuti.
Magari, ci può essere anche il fatto che lo sceicco, o per meglio dire il presidente di Ethiad, lo stadio se lo paga e con bigliettoni sonanti. Te invece, secondo lo stile del vecchio ex amico Moratti, volevi applicare la celebre formula “paga il pubblico, riscuote il privato”. L’imprenditoria italiana è questa, d’altronde. O sei proprietario anche del Comune, come la Juventus a Torino che comunque lo stadio l’ha costruito in tre anni o poco più, oppure devi mediare o trovare mediatori. E un bel giorno scopri che gli accordi presi con Domenici non valgono più con Renzi, e Nardella gioca a campana. Il partito è sempre lo stesso, ma il mondo è cambiato ed il vento pure.
I Della Valle non hanno più amici, questo è chiaro. Se basta un Cairo – non Murdoch - a portar loro via RCS, è segno che non è più il loro tempo. E’ il momento di fare i conti e venirne fuori. La politica li ha rigettati, la finanza pure, l’economia va avanti in Italia per logiche tutte sue e le scarpe – per quanto di lusso – non sono un bene primario, strategico.
E’ un nuovo anno zero, se non questo il prossimo. E’ un anno che è cominciato in salita, e che alla fine è auspicabile che veda la Fiorentina comunque con le ossa ancora intere. Altrimenti, come nel 2002, si finirà per vendere un cadavere, o un moribondo in agonia.
Il clima è di smobilitazione, lo può vedere e respirare chiunque. Ed una smobilitazione furbetta come quella di re Sciaboletta che scappa a Brindisi. La vendita di Alonso non si decide a un giorno dalla fine del calciomercato quando ormai è insostituibile, ma un mese prima. A meno che al buon Conte non sia stato prospettato proprio questo: te lo diamo, ma chiedicelo alla fine, se no dobbiamo sostituirlo, e già che ci siamo nel prezzo supervalutato mettiamoci pure la chiusura della vicenda Salah, che risparmiamo tempo, fegato e avvocati. A proposito, ci serve anche far pace con la Roma, che se non si faceva uccellare dal Porto domenica scorsa il buon Borja Valero era a  ripararsi dal nubifragio dell’Olimpico, anziché da quello di Marassi.
Intanto l’Europa League, quel torneo che Mario Cognigni ha definito inappetibile per la Fiorentina "perché costa”, è alle porte. Una prima notazione: la finale di questo torneo si giocherà il 24 maggio 2017 alla Friends Arena di Solna, Stoccolma, Svezia. Stadio i cui lavori – finanziati dalla Swedbank, la banca nazionale svedese – cominciarono il 7 dicembre 2009 e finirono il 27 ottobre 2012.
Viene da piangere. E speriamo che lo sceicco Bin Zayed non se ne accorga, delle nostre lacrime. E’ ancora in tempo semmai a ripensarci.

venerdì 9 settembre 2016

Solo per la maglia

Archiviata la festa dei novant’anni viola e tutto ciò che si è portata dietro, nonché la sosta per la Nazionale con i suoi quindici giorni forse provvidenziali per recuperare infortuni di gioco ed infortuni societari, si riparte con il campionato.
L’unica certezza in più è la terza maglia, e la promessa di ACF Fiorentina che verrà usata soltanto nelle trasferte UEFA, possibilmente a diverse centinaia di chilometri di distanza. Non è tanto quel colorino, che peraltro abbiamo già intravisto in passato su maglie accessorie. E’ la presa di coscienza che non vale nemmeno avere una proprietà che si picca di provenire dal mondo della moda. Voglio dire, non sai cos’è un terzino, né una prima punta, ma almeno il colore della maglia indovinamelo, visto che fai lo stilista di primo mestiere. Bastava prendere il rosso del Comune, non c’era bisogno di un concorso di idee. O di plagiare il Piacenza.
Dice che la Fiorentina negli ultimi tempi è diventata un incubo per il suo patron Diego Della valle. Di sicuro lo è diventato lui per tanti suoi tifosi. Nessuno è stato capace ancora di spiegare come ha fatto con tutte le plusvalenze degli ultimi tre anni ad andare sotto di 48 milioni. Che poi diventano 28 se si sommano le plusvalenze degli anni precedenti. Che poi vanno a zero se si vende Alonso, uno dei pochi difensori, o presunti tali, in forza a questa squadra. Il 30 agosto, casomai venisse voglia a qualcuno di sostituirlo. E così l’ultimo terzino di nome e di fatto che ha vestito il colore viola resta Christian Maggio, correva l’anno 2004, molti degli attuali abbonati al Franchi non avevano nemmeno l’età minima per fare la tessera del tifoso.
Dice che la cessione di Alonso è stata determinata da una offerta che non si può rifiutare. Dice che tre centrali fanno una difesa, e che pertanto non ci sono problemi. Dice tante cose. Speriamo, perché domani tanto per ricominciare si gioca a Genova, sponda rossoblu, quella per noi tradizionalmente più ostica. A partire da quel maggio 1978 in cui ci guardammo negli occhi con terrore fino a sei minuti dalla fine dell’ultima partita di campionato. Fino al gol di Scanziani andavamo in B tutte e due, viola e rossoblu, Antognoni e Pruzzo, Firenze e Genova. Alla fine, ci andarono solo loro. Amore tra loro e noi non c’è stato più, se mai prima c’era.
L’astio fu rinfocolato dai tre gol di Mutu nel 2009 che ci valsero l’accesso alla Champion’s al posto loro. Poi dai cinque gol di cui due di Rossi e due di Gomez che illusero noi e mortificarono loro, tre anni fa. Quando ancora era normale pagare un giocatore di calcio quanto vale, e non svenderlo al primo che passa “perché costa”. Certo che costa, è il centravanti della squadra campione del mondo.
Insomma, a Marassi nessuno ci ama. Poi c’è Perin, quello che quando vede viola è come il toro quando vede rosso (meno male che la terza maglia in campionato non vale): para tutto, anche le correnti d’aria. Le squadre, uomo più uomo meno, si equivalgono. La differenza può farla un gol preso o uno segnato, magari in entrambi i casi su prodezza individuale o su sciocchezza madornale. Siamo capaci di tutte e due.
La differenza è tra un avvio tranquillo, che ci porti a veleggiare senza troppi patemi nei prossimi sette – otto mesi verso quel sesto, alla peggio settimo posto che è l’obbiettivo dichiarato della società e del gruppo industriale che una volta vedevano il vivacchiare come il fumo negli occhi, e che poi a forza di male non fare paura non avere non ha fatto più niente, tanto per non sbagliare. Oppure un avvio drammatico, con pochi punti e tante polemiche. Con tante maglie e poca gente in grado di indossarle degnamente, a prescindere dal colore. Con i bilanci a posto, però, mica come il Real Madrid che ieri s’è preso una bella multa dall’UEFA e non potrà comprare giocatori l’anno prossimo! Restando con i soliti Bale, Morata, Ronaldo, Ramos, Kroos, Rodriguez! Poveracci, come faranno?
Le Coppe, malgrado questa suggestiva terza maglia, pare non siano tra i nostri obbiettivi. Hai visto mai, ci fosse da giocare una Supercoppa, e chissà dove. E allora, testa al campionato. Se passiamo lo scoglio Perin, e poi dopo quello Salah con la nemesi Roma, poi la nemesi Udinese, poi lo scoglio Milan, e poi la vendetta dell’ex con il Toro di Mihajlovic, siamo a posto.
Come cantava Carosone? Mo’ vene Natale, nun tengo denare, me leggo o’ ggiurnale, e me vado a cucca’.

Già, poi sarà di nuovo calciomercato. Per gli amanti del genere.