Silvia Berti, per i pochi che
ancora non lo sapessero o per chi non lo ricorda, è stata per sette anni l’Addetta
Stampa della Fiorentina dei Della Valle, dagli inizi nel 2002 fino al 2009. In realtà, è stata
anche qualcosa di più. E’ stata la donna che ha costruito dal niente l’immagine
positiva che la Fiorentina ha avuto in quegli anni ed il capitale di simpatia
che ha potuto spendere.
Di lei, Ranieri Pontello ha
detto, «L’unica cosa che invidio ai Della Valle, che io non avevo, è Silvia
Berti». In questa giornata in cui si celebra la Festa della Donna, alla
Fiorentina di Diego e Andrea Della Valle che sta vivendo il momento più
difficile della stagione manca forse anche una come lei, esperta di
comunicazione.
In questa intervista che mi
rilasciò quasi quattro anni fa, in occasione di uno dei compleanni della Fiorentina il 29 agosto 2012,
ha raccontato dal suo punto di vista quei giorni di
dieci anni prima, quando cambiò la vita di Firenze, e anche la sua.
Buongiorno Silvia, grazie
per aver accettato di rispondere alle mie domande. Allora, come avvenne il tuo
incontro con il destino?
«La Famiglia Della Valle ha
acquisito la Fiorentina il 2 agosto del 2002 dopo il fallimento della Società
AC Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori. Al nuovo Club fu dato il nome di Florentia
Viola per evitare legami con il precedente e il rischio di ereditarne i debiti.
In quel periodo vivevo a Roma e collaboravo con alcune aziende per l’organizzazione
di eventi di pubbliche relazioni. Essendo tifosa da sempre, conoscendo Diego
Della Valle da alcuni anni, ed avendo un rapporto d’amicizia con il cugino
Oscar Micucci (responsabile ufficio stampa e comunicazione del Gruppo Tod’s,
nel frattempo scomparso) il
27 di agosto andai nella loro sede di Milano in Corso Venezia, come peraltro
facevo spesso, per salutare e congratularmi per la loro nuova avventura a Firenze.
Chiacchierando del più e del meno, Micucci mi disse: perché non ci dai una
mano? Subito fui lusingata, ma obiettai che non conoscevo per niente il
mondo del calcio e non sapevo se sarei stata all’altezza. Mi rispose che,
essendo la squadra in C2, secondo lui me la sarai cavata benissimo e che mi
avrebbe organizzato un incontro con i Della Valle».
Micucci ti conosceva bene.
Ai Della Valle mancavano molte cose, dati i tempi ristretti. Che successe dopo?
«L’appuntamento venne fissato
per il 30 settembre alle 12h00. Erano presenti Diego e Andrea Della
Valle e Micucci. Durò circa un’ora,
e parlammo in modo generale della mia storia professionale e specificai che avevo
dei contratti attivi e non avrei potuto impegnarmi a tempo pieno. Si
dimostrarono disponibilissimi anche perché non avevano intenzione per il
momento di investire molto, da un punto di vista economico, in un ufficio
stampa per una società militante in una categoria minore. Rimanemmo d’accordo
che si sarebbero fatti sentire al più presto».
E lo fecero, ovviamente?
«Non ho più sentito nessuno
fino a martedì 22 ottobre quando mi chiamò Gino Salica, che a quel tempo era il
Presidente della Florentia Viola e mi fissò un appuntamento per giovedì 24 ottobre
a Firenze, presso lo Stadio».
Dove aveva sede la nuova
società. Cosa trovasti?
«Quando arrivai rimasi sorpresa
dal nulla che trovai: una stanzina con un tavolo e 4 sedie con un computer
portatile e un telefono. Quella era la sede, e il povero Salica, da Presidente,
si occupava di tutto, dalle magliette per gli allenamenti alla ricerca di
sponsor, all’organizzazione delle trasferte. La squadra, allenata da Pietro Vierchwood,
era in ritiro punitivo a Massa Marittima perché i risultati sportivi stentavano
ad arrivare. Salica non mi dedicò molto tempo: mi supplicò invece di arrivare
al più presto perché lui non riusciva a fare tutto, e la pressione dei media
era notevole. Espressi anche a lui le mie perplessità e rimanemmo d’accordo che
sarei andata a vedere la partita la domenica successiva (Grosseto-Florentia
Viola del 27 ottobre) per rendermi conto dell’ambiente. Mi feci accreditare da
amici (non volevo coinvolgermi subito con la Società, visto che non ero
sicurissima di volere accettare), e andai a vedere la partita a Grosseto».
Come fu il tuo impatto con
il mondo del calcio giocato?
«Trovai una disorganizzazione
totale. La squadra perse, e ci fu una contestazione da parte di tifosi. Non
riuscii a vedere Salica e me ne tornai a Roma abbastanza sconsolata e sempre
meno sicura di ciò che facevo. Il giorno dopo mi richiamò Salica scusandosi per
non essersi occupato di me il giorno precedente, e mi chiese di andare l’indomani
a Firenze per parlare seriamente. Presi il treno da Roma la mattina e intorno
alle 10h00 arrivai allo Stadio».
Quello è stato probabilmente
il momento peggiore della Florentia Viola. Arrivasti nell’occhio del ciclone.
«Trovai un centinaio di
persone davanti ai cancelli. Alcuni erano tifosi, ma molti erano giornalisti
che avrebbero voluto delle spiegazioni dalla Società sui motivi degli insuccessi
della squadra. Un po’ spaventata entrai nella sede dove Salica, in forte stato
di agitazione, mi chiese se potevo fare un comunicato stampa per esonerare l’allenatore.
Gli risposi che non ero poi così tanto sicura di voler restare. “Fammi un
favore personale” mi disse, e io non ho potuto rifiutarmi. Mi ricordo il foglio
bianco e il non sapere che scrivere, tanto che chiamai il mio amico Marco
Cherubini: “come si fa un comunicato di calcio”? e lui rispose “due righe”,
e io scrissi due righe. Dopo l’approvazione di Salica e di Diego Della Valle,
che lo volle per fax, ne feci una cinquantina di copie e lo distribuii fuori
dal cancello dove avevo visto la folla. A quel punto molti capirono che era
arrivata l’addetto stampa, e io capii che era cominciata la mia avventura».
Diego Della Valle approvava
tutto di persona?
«Si».
Scelse bene, allora: tu,
Gino Salica, Giovanni Galli... e nello spazio di un mattino. Ma la squadra era
in crisi. Doveste prendere delle decisioni in un tempo altrettanto breve.
«Questo intorno alle 12:30.
Dopo poco, Salica sempre più agitato, mi disse "presto, presto, dobbiamo
andare a Bologna”. Senza un commento salii in macchina e mi ritrovai in un
albergo di Bologna a discutere degli aspetti contrattuali del nuovo allenatore,
Alberto Cavasin, con Diego della Valle e Salica».
Diego della Valle in
persona?
«Si. Mi fecero fare un nuovo
comunicato che inviai dall’albergo (meno male che avevo con me la mailing che
mi aveva dato l’unica segretaria che c’era a Firenze, Gabriella ) e convocai
per le ore 18:00 presso lo Stadio la conferenza stampa di presentazione del
nuovo allenatore. Ritornammo a Firenze giusto in tempo. Così organizzai la mia
prima conferenza alla presenza di non meno di 50/60 giornalisti. Alle 20:30
finalmente ripresi il treno per Roma, frastornata e confusa. Quella era stata
la mia prima giornata, densa d’avvenimenti, di urgenze di emozioni, alla Fiorentina,
e moltissime ne sono seguite, sempre caratterizzate dalla stessa intensità».
Chi ti conosce, sa che hai
vissuto a “100 all’ora” (per dirla con Gianni Morandi) la tua avventura alla Fiorentina
da quel momento fino all’ultimo giorno. Perché? Cosa aveva quel gruppo che
spingeva tutti a dare il massimo?
«Ciò che mi ha sempre spinto è stato il mio amore per la Fiorentina. L’essere tifosissima mi ha portato
a pretendere sempre di più da me stessa per fare una grande Fiorentina. Io
volevo vincere. Io volevo la mia squadra sul tetto del mondo. Non volevo più
sentire: prima le grandi poi la Fiorentina e le altre. Prima la Fiorentina poi
le altre! Questo è stato e sarà il mio sogno».
Come si arriva da quei
giorni fino a quello in cui abbracciasti Cesare Prandelli allo stadio Franchi
per la qualificazione alla Campion’s League, il giorno che Osvaldo segnò una
delle più belle rovesciate di tutti i tempi?
«Con il lavoro, la passione e
la convinzione di fare la cosa giusta. Ma l’energia per andare avanti ogni
giorno, me l’ha sempre data la gente del Franchi».
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