venerdì 1 gennaio 2016

Intervista a Silvia Berti: «Io volevo vincere»



Silvia Berti, per i pochi che ancora non lo sapessero o per chi non lo ricorda, è stata per sette anni l’Addetta Stampa della Fiorentina dei Della Valle, dagli inizi nel 2002 fino al 2009. In realtà, è stata anche qualcosa di più. E’ stata la donna che ha costruito dal niente l’immagine positiva che la Fiorentina ha avuto in quegli anni ed il capitale di simpatia che ha potuto spendere.
Di lei, Ranieri Pontello ha detto, «L’unica cosa che invidio ai Della Valle, che io non avevo, è Silvia Berti». In questa giornata in cui si celebra la Festa della Donna, alla Fiorentina di Diego e Andrea Della Valle che sta vivendo il momento più difficile della stagione manca forse anche una come lei, esperta di comunicazione.
In questa intervista che mi rilasciò quasi quattro anni fa, in occasione di uno dei compleanni della Fiorentina il 29 agosto 2012, ha raccontato dal suo punto di vista quei giorni di dieci anni prima, quando cambiò la vita di Firenze, e anche la sua.
Buongiorno Silvia, grazie per aver accettato di rispondere alle mie domande. Allora, come avvenne il tuo incontro con il destino?
«La Famiglia Della Valle ha acquisito la Fiorentina il 2 agosto del 2002 dopo il fallimento della Società AC Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori. Al nuovo Club fu dato il nome di Florentia Viola per evitare legami con il precedente e il rischio di ereditarne i debiti. In quel periodo vivevo a Roma e collaboravo con alcune aziende per l’organizzazione di eventi di pubbliche relazioni. Essendo tifosa da sempre, conoscendo Diego Della Valle da alcuni anni, ed avendo un rapporto d’amicizia con il cugino Oscar Micucci (responsabile ufficio stampa e comunicazione del Gruppo Tod’s, nel frattempo scomparso) il 27 di agosto andai nella loro sede di Milano in Corso Venezia, come peraltro facevo spesso, per salutare e congratularmi per la loro nuova avventura a Firenze. Chiacchierando del più e del meno, Micucci mi disse: perché non ci dai una mano? Subito fui lusingata, ma obiettai che non conoscevo per niente il mondo del calcio e non sapevo se sarei stata all’altezza. Mi rispose che, essendo la squadra in C2, secondo lui me la sarai cavata benissimo e che mi avrebbe organizzato un incontro con i Della Valle».
Micucci ti conosceva bene. Ai Della Valle mancavano molte cose, dati i tempi ristretti. Che successe dopo?
«L’appuntamento venne fissato per il 30 settembre alle 12h00. Erano presenti Diego e Andrea Della
Valle e Micucci. Durò circa un’ora, e parlammo in modo generale della mia storia professionale e specificai che avevo dei contratti attivi e non avrei potuto impegnarmi a tempo pieno. Si dimostrarono disponibilissimi anche perché non avevano intenzione per il momento di investire molto, da un punto di vista economico, in un ufficio stampa per una società militante in una categoria minore. Rimanemmo d’accordo che si sarebbero fatti sentire al più presto».
E lo fecero, ovviamente?
«Non ho più sentito nessuno fino a martedì 22 ottobre quando mi chiamò Gino Salica, che a quel tempo era il Presidente della Florentia Viola e mi fissò un appuntamento per giovedì 24 ottobre a Firenze, presso lo Stadio».
Dove aveva sede la nuova società. Cosa trovasti?
«Quando arrivai rimasi sorpresa dal nulla che trovai: una stanzina con un tavolo e 4 sedie con un computer portatile e un telefono. Quella era la sede, e il povero Salica, da Presidente, si occupava di tutto, dalle magliette per gli allenamenti alla ricerca di sponsor, all’organizzazione delle trasferte. La squadra, allenata da Pietro Vierchwood, era in ritiro punitivo a Massa Marittima perché i risultati sportivi stentavano ad arrivare. Salica non mi dedicò molto tempo: mi supplicò invece di arrivare al più presto perché lui non riusciva a fare tutto, e la pressione dei media era notevole. Espressi anche a lui le mie perplessità e rimanemmo d’accordo che sarei andata a vedere la partita la domenica successiva (Grosseto-Florentia Viola del 27 ottobre) per rendermi conto dell’ambiente. Mi feci accreditare da amici (non volevo coinvolgermi subito con la Società, visto che non ero sicurissima di volere accettare), e andai a vedere la partita a Grosseto».
Come fu il tuo impatto con il mondo del calcio giocato?
«Trovai una disorganizzazione totale. La squadra perse, e ci fu una contestazione da parte di tifosi. Non riuscii a vedere Salica e me ne tornai a Roma abbastanza sconsolata e sempre meno sicura di ciò che facevo. Il giorno dopo mi richiamò Salica scusandosi per non essersi occupato di me il giorno precedente, e mi chiese di andare l’indomani a Firenze per parlare seriamente. Presi il treno da Roma la mattina e intorno alle 10h00 arrivai allo Stadio».
Quello è stato probabilmente il momento peggiore della Florentia Viola. Arrivasti nell’occhio del ciclone.
«Trovai un centinaio di persone davanti ai cancelli. Alcuni erano tifosi, ma molti erano giornalisti che avrebbero voluto delle spiegazioni dalla Società sui motivi degli insuccessi della squadra. Un po’ spaventata entrai nella sede dove Salica, in forte stato di agitazione, mi chiese se potevo fare un comunicato stampa per esonerare l’allenatore. Gli risposi che non ero poi così tanto sicura di voler restare. “Fammi un favore personale” mi disse, e io non ho potuto rifiutarmi. Mi ricordo il foglio bianco e il non sapere che scrivere, tanto che chiamai il mio amico Marco Cherubini: “come si fa un comunicato di calcio”? e lui rispose “due righe”, e io scrissi due righe. Dopo l’approvazione di Salica e di Diego Della Valle, che lo volle per fax, ne feci una cinquantina di copie e lo distribuii fuori dal cancello dove avevo visto la folla. A quel punto molti capirono che era arrivata l’addetto stampa, e io capii che era cominciata la mia avventura».
Diego Della Valle approvava tutto di persona?
«Si».
Scelse bene, allora: tu, Gino Salica, Giovanni Galli... e nello spazio di un mattino. Ma la squadra era in crisi. Doveste prendere delle decisioni in un tempo altrettanto breve.
«Questo intorno alle 12:30. Dopo poco, Salica sempre più agitato, mi disse "presto, presto, dobbiamo andare a Bologna”. Senza un commento salii in macchina e mi ritrovai in un albergo di Bologna a discutere degli aspetti contrattuali del nuovo allenatore, Alberto Cavasin, con Diego della Valle e Salica».
Diego della Valle in persona?
«Si. Mi fecero fare un nuovo comunicato che inviai dall’albergo (meno male che avevo con me la mailing che mi aveva dato l’unica segretaria che c’era a Firenze, Gabriella ) e convocai per le ore 18:00 presso lo Stadio la conferenza stampa di presentazione del nuovo allenatore. Ritornammo a Firenze giusto in tempo. Così organizzai la mia prima conferenza alla presenza di non meno di 50/60 giornalisti. Alle 20:30 finalmente ripresi il treno per Roma, frastornata e confusa. Quella era stata la mia prima giornata, densa d’avvenimenti, di urgenze di emozioni, alla Fiorentina, e moltissime ne sono seguite, sempre caratterizzate dalla stessa intensità».
Chi ti conosce, sa che hai vissuto a “100 all’ora” (per dirla con Gianni Morandi) la tua avventura alla Fiorentina da quel momento fino all’ultimo giorno. Perché? Cosa aveva quel gruppo che spingeva tutti a dare il massimo?
«Ciò che mi ha sempre spinto è stato il mio amore per la Fiorentina. L’essere tifosissima mi ha portato a pretendere sempre di più da me stessa per fare una grande Fiorentina. Io volevo vincere. Io volevo la mia squadra sul tetto del mondo. Non volevo più sentire: prima le grandi poi la Fiorentina e le altre. Prima la Fiorentina poi le altre! Questo è stato e sarà il mio sogno».
Come si arriva da quei giorni fino a quello in cui abbracciasti Cesare Prandelli allo stadio Franchi per la qualificazione alla Campion’s League, il giorno che Osvaldo segnò una delle più belle rovesciate di tutti i tempi?
«Con il lavoro, la passione e la convinzione di fare la cosa giusta. Ma l’energia per andare avanti ogni giorno, me l’ha sempre data la gente del Franchi».

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