venerdì 1 gennaio 2016

Il ritorno del Gila

Gila! Non è il titolo di un numero di Tex Willer, ma bensì la notizia che irrompe su tutti i siti web che si occupano di calciomercato. Alberto Gilardino torna alla Fiorentina, tre anni dopo averla salutata, in uno dei suoi momenti più bui, perché “si era spenta la luce”, aveva perso le motivazioni, aveva bisogno di cambiare un’aria che per lui si era fatta pesante.
Era andato a chiudere la sua carriera in Estremo Oriente, al Guangzhou Evergrande Football Club, la squadra cinese di Canton in cui avevano già trovato rifugio dorato altre due vecchie glorie del calcio italiano: il mister Marcello Lippi e Alessandro Diamanti. Le ultime stagioni al Bologna e al Genoa gli avevano fatto sentire il peso degli anni, 33 compiuti nello scorso luglio, e la lontananza ormai dai giorni di gloria. Quelli che in tre anni lo avevano visto vincere un titolo Europeo con l’Under 21 di Claudio Gentile, un titolo mondiale con la Nazionale Azzurra di Lippi e una UEFA Champion’s League con il Milan di Carlo Ancelotti. Per non parlare dell’epopea in vola.
Il ragazzo nato a Biella il 5 luglio 1982, il giorno che l’Italia di Bearzot batteva il Brasile di Falcao e Zico al Sarria di Barcellona, era sembrato un predestinato quando era esploso nel Parma a vent’anni. Nelle mani di un Cesare Prandelli che allora sembrava trasformare in oro tutti i giocatori che allenava si era imposto all’attenzione dei grandi club e della Nazionale a suon di gol. Nel 2005 era approdato al Milan, dopo aver sfiorato per due volte la vittoria nella classifica dei marcatori italiani con 23 gol in ciascuna stagione.
Ma se in Nazionale il Gila era esploso arrivando a formare con Luca Toni una coppia di attacco da titolo mondiale, con i rossoneri la sua vena era sembrata come inaridirsi. Il Milan di Ancelotti non giocava per lui, a differenza del Parma e della squadra azzurra, e nonostante la vittoria in Champion’s – anzi forse proprio per la sua esclusione dalla finale di Atene in cui il Milan ottenne la settima coppa vendicandosi del Liverpool che lo aveva sconfitto rocambolescamente ad Istanbul due anni prima – maturò ben presto in lui il proposito di accasarsi in una squadra più confacente.
Nell’estate del 2008 la Fiorentina di Cesare Prandelli, sua vecchia conoscenza, era sulla cresta dell’onda. Semifinalisti in Europa League, i viola erano intenzionati a dare l’assalto alla Champion’s con una squadra all’altezza, e il diesse Corvino cercava appunto un centravanti da affiancare al fenomeno Adrian Mutu, dopo che Bobo Vieri aveva appeso le scarpette al chiodo e i giovani Pazzini e Osvaldo stentavano a mantenere le promesse iniziali.
Il passaggio del Gila in viola fu altrettanto clamoroso di quello in rossonero avvenuto tre anni prima. Il biellese entrò subito nel cuore dei suoi nuovi tifosi segnando nei minuti finali il gol del pareggio della Fiorentina contro la Juventus nella gara d’esordio al Franchi. Miglior biglietto da visita non poteva esserci. Malgrado una partecipazione europea incolore, quell’anno la Fiorentina giocò un bel campionato riqualificandosi nuovamente alla coppa con le orecchie. Della prima stagione in viola si ricordano le sue 19 reti (100 complessive n serie A), ed anche l’incidente – da lui sempre definito involontario – del gol segnato di mano a Palermo in ricaduta che gli valse una squalifica di tre giornate  a seguito di una delle rarissime applicazioni della prova TV.
L’anno dopo, l’ultimo di Cesare Prandelli prima che lasciasse il viola per l’azzurro, le sue reti in campionato scesero a 15. Quelle in Champion’s furono invece 4, e lo portarono a complessive 10, lo stesso score europeo in viola di Omar Gabriel Batistuta. Il gol che lui stesso avrebbe definito il più importante della sua carriera lo avrebbe segnato il 7 dicembre 2009 ad Anfield Road, in casa del Liverpool, al 93° minuto di una partita che rimase come una delle più grandi vittorie internazionali di sempre della Fiorentina, qualificata al turno successivo di coppa proprio a spese dei Reds.
You’ll never walk alone? Macché, proprio quella notte il giocattolo viola si ruppe. Prandelli fu invitato da un dirigente a cercarsi un’altra squadra, la banda viola resse fino al 9 marzo, giorno in cui il Bayern la eliminò dalla competizione europea – con la complicità del vergognoso arbitraggio del norvegese Ovrebo e del gol in fuorigioco chilometrico segnato da Miroslav Klose -, dopodiché ruppe le righe anche in campionato, collezionando alla fine 17 sconfitte complessive.
L’anno dopo, con Sinisa Mihajlovic insediatosi sulla panchina di un Prandelli che aveva lasciato un’eredità emotiva prima ancora che tecnica pesantissima, Gilardino fu uno di quelli che accusò maggiormente il colpo, anche se con le sue reti contribuì a reggere la baracca. A Bari a febbraio segnò il suo gol numero 200 in carriera, a fine stagione si era issato al decimo posto tra i marcatori viola di sempre.
L’anno dopo ancora, stagione 2011-12, con Mihajlovic sempre al timone, il Gila aprì la stagione segnando il primo gol ufficiale in Coppa Italia al Cittadella. In campionato segnò due reti, una alla seconda giornata e una alla sedicesima, l’ultima prima di uscire di fronte alla stampa con la famosa confessione a cuore aperto della “luce spenta”. Il 3 gennaio 2012 terminò la carriera in viola di Alberto Gilardino con il suo trasferimento al Genoa. I tifosi la presero malino, le battute sulla bolletta dell’ENEL si sprecarono, niente comunque a paragone di quanto sarebbe successo di lì a poco a Riccardo Montolivo, un altro di quelli che a Firenze avevano fatto il loro tempo, in una stagione destinata a concludersi con gli schiaffi di Delio Rossi (subentrato a Mihajlovic) a Llajic.
"Gilardino, sonaci i'violino!"
Tre anni dopo, nel momento in cui la Fiorentina si scopre a corto di attaccanti (con Rossi e Bernardeschi convalescenti, Gomez alle prese con una crisi psichica e tecnica e Babacar reduce anch’egli da un infortunio) e deve tornare sul mercato per ovviare, Andrea della Valle si scopre da parte sua improvvisamente nostalgico del bomber biellese, così come lo era stato di Luca Toni in occasione di un altro ritorno clamoroso. Ecco quindi che dopo aver preso Alessandro Diamanti Daniele Prade’ è dovuto volare di nuovo in Cina per recuperare un altro talento dei tempi d’oro viola e azzurri che sembrava disperso in lontananza sul viale del tramonto.
I tifosi la prenderanno come sempre. Se la luce è stata riallacciata in casa del Gila, se l’uomo che segnava gol a raffica e andava a festeggiarli con una sviolinata sotto la Curva Fiesole (“Gilardino sonaci i’violino!") si ripresenterà gonfiando la rete come fece l’altra volta, ogni perplessità sarà superata (come è stata superata in extremis la concorrenza del Cagliari di Gianfranco Zola) e i soldi di Della Valle, tanti o pochi, saranno stati spesi bene una volta di più.
Il violinista è tornato. Non è un quadro di Kandinsky. Alberto Gilardino nei prossimi giorni si allena con la Fiorentina.

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