venerdì 1 gennaio 2016

Giovanni Galli, grandi gioie e immensi dolori

I vecchi campioni lasciati andare dalla Fiorentina in quel 1986 vanno a fare grandi le milanesi: Passarella all’Inter, Galli e Massaro al Milan. Proprio il portiere comincia una delle sue “nuove vite” in quello che sembrava il suo annus horribilis. Al Milan è appena arrivato un nuovo proprietario, dicono molto ambizioso, e non solo in ambito calcistico: Silvio Berlusconi. Il quale vuole vincere subito, e va a prendere pezzi da 90. Galli viene preso dalla Fiorentina per 5 miliardi di lire di allora. Saranno spesi bene. Con l’ex viola in porta, e con buona pace di Gianni Brera che lo giudica un mediocre, i rossoneri vinceranno uno scudetto, due coppe dei campioni, una coppa intercontinentale, una supercoppa europea ed una italiana. Anni d’oro, e un inevitabile legame che si instaura tra Giovanni, il Gruppo Mediaset e l’entourage di Berlusconi. Legame che darà frutti in seguito.
Nel 1990, di nuovo campione del mondo ma stavolta di club, passa al Napoli e parrebbe un altro preludio a nuovi successi. E’ il Napoli di Maradona, ancora, ma per poco. Nell’aprile 1991 la polizia italiana presenta a Diego il conto di tante intemperanze e lo costringe ad abbandonare l’Italia. Napoli si scopre improvvisamente sola, e molto meno forte. Nei tre anni partenopei, Giovanni vincerà soltanto una supercoppa italiana. Altro ciclo che si chiude, altra vita. Galli va a Parma, dove Tanzi è ancora un Re Mida e la squadra una delle Sette Sorelle. Quella per la precisione che nel 1995 vince la Coppa UEFA. Giovanni ormai però è in panchina, il titolare è Bucci. E’ il momento di pensare al “dopo”, appendere le scarpe al chiodo e godersi i meritati successi e la vita che ancora deve venire, con la maturità e la famiglia.
Un nuovo inizio, all’apparenza felice. Giovanni è intelligente, sa fare tante cose, non è solo uno dei più grandi portieri italiani di tutti i tempi. Come opinionista e telecronista Mediaset è sempre piacevole da ascoltare. Tra poco avrà modo di dimostrare il suo valore anche come dirigente. Ma all’improvviso, il 9 febbraio 2001, il destino decide di presentargli il conto più atroce che possa toccare ad un uomo, ad un genitore. Potrà avere tutti i successi che vuole, ma la felicità per lui non tornerà più.
Il figlio Niccolò sta tornando a casa da un allenamento della sua squadra, il Bologna. A 17 anni è una promessa del calcio anche lui, come il padre a suo tempo. All’improvviso, per cause che non sono mai state accertate, perde il controllo del ciclomotore su cui viaggiava e va a sbattere contro un guard-rail in manutenzione a cui è appoggiato un tubo in posizione pericolosa. E’ un attimo. 24 anni prima l’allenatore della squadra dove giocava aveva fatto segno al padre Giovanni di alzarsi dalla panchina, perché toccava a lui esordire in serie A e diventare un campione. Stavolta, invece, l’allenatore che sovrintende alle nostre vite decide che è il momento di chiamare a sé il figlio Niccolo’, per portarlo a giocare in cielo.
Quando succedono queste cose, si usa dire che colui a cui è successo era grato agli Dei. Che cosa invece può mai consolare un padre costretto a sopravvivere al proprio figlio? Niente, si può immaginare. Meno che mai una giustizia italiana che non riesce proprio a smentirsi, e nel 2011 finirà per assolvere il funzionario della Coop Costruzioni ed i tecnici del Comune di Bologna (già condannati in primo grado per omicidio colposo), “per prescrizione”.
Ci prova il Bologna a consolare Giovanni, ritirando la maglia n. 27 di Niccolò e intitolandogli il suo Centro Tecnico a Casteldebole. Ci prova Fabio Quagliarella, a suo tempo compagno di Nazionale giovanile di Niccolò, che sceglierà sempre in tutte le squadre in cui giocherà la maglia n. 27 in ricordo dell’amico. In realtà, l’unica forza che ti può far andare avanti la puoi trovare solo dentro di te. Magari scrivendo, come fa Giovanni, un libro autobiografico-esorcizzatore come La vita ai supplementari, dove racconta il suo dolore.
Magari intitolando al figlio sfortunato la Fondazione ONLUS ed il Memorial dedicato a giovani calciatori attraverso i quali raccoglie fondi per scopi filantropici. Ma soprattutto, vien da dire con il dovuto rispetto, rispondendo ad un’altra chiamata del destino che lo invita a ricominciare ancora. Nel modo più incredibile.

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