venerdì 1 gennaio 2016

Beppe Virgili, il suo nome era Pecos Bill

Nell’estate del 1954 Befani e Bernardini avevano già otto undicesimi dello squadrone che due anni dopo avrebbe vinto il primo scudetto della storia viola. Sarti in porta, Magnini e Cervato terzini, il centromediano Chiappella, lo stopper Rosetta, il libero Segato, la mezz’ala destra Gratton e l’ala sinistra Prini. Mancava l’attacco, e sarebbe stato un attacco da sogno, uno dei più forti di tutti i tempi.
Julinho e Montuori arrivarono l’anno successivo. Quell’estate invece arrivò da Udine una giovane promessa di 19 anni, un centravanti all’antica, di quelli che partecipavano poco alla manovra, che stavano quasi sempre in area ma che in area non perdonavano.
Arrivò a Firenze con il nome di Giuseppe Virgili, ma qui venne presto ribattezzato Pecos Bill, dal nome dell’eroe di fumetti e film western in voga allora, per la sua mira infallibile.
Beppe Virgili aveva salvato l’Udinese con le sue nove reti alla sua prima stagione di serie A. Nella sua prima stagione viola invece ne fece 15, e la Fiorentina finì quinta. Nel 1955 arrivarono ad affiancarglisi i gioielli sudamericani Montuori e Julinho, l’attacco viola composto da loro tre ne fece 59, di cui 21 erano di Pecos Bill. La Fiorentina vinse lo scudetto con 12 punti di vantaggio sulla seconda, il Milan, e rimase imbattuta fino all’ultima giornata, perdendo negli ultimi minuti dell’ultima partita con il Genoa a Marassi. A Beppe la splendida stagione valse la chiamata in azzurro dove giocò in tutto 7 partite distinguendosi in particolare per la doppietta segnata al Brasile nel 1956 a San Siro, nella partita vinta dall’Italia 3-0.
Nel 1957 giocò la sfortunata finale di Coppa Campioni contro il Real Madrid. Quell’anno, ed il successivo, raggiunse con la squadra due secondi posti in campionato dietro il Milan, senza però più ripetere l’exploit dell’anno dello scudetto, fermandosi rispettivamente a 10 e 9 reti.
Nel 1958 Bernardini lasciò il posto a Lajos Czeizler, allenatore ungherese che allora andava per la maggiore, ma dal carattere difficile e dalle idee particolari: una specie di Zeman dell’epoca. Partito nel frattempo Julinho, Virgili capì che il ciclo era finito e l’aria era cambiata, e chiese di andarsene. Trasferito al Torino, vi trascorse due stagioni altalenanti prima di uscire definitivamente dal calcio che conta, a soli 25 anni. Alla fine della carriera, quello che era e resta uno dei migliori attaccanti italiani dell’epoca e di sempre, aveva segnato 80 reti in 193 partite in Serie A.
Come quasi tutti i campioni del suo tempo, rimase a vivere a Firenze, dove ha diretto la scuola calcio a lui stesso intitolata presso il Gruppo Sportivo Firenze Sud Sporting Club fino ai suoi ultimi giorni di vita.
Se n'é andato il 10 giugno 2016, il suo nome è nel lungo elenco di pezzi del nostro cuore che questa annata maledetta si è portata via.

Nessun commento:

Posta un commento