Nell’estate del 1954 Befani e Bernardini avevano già otto undicesimi dello
squadrone che due anni dopo avrebbe vinto il primo scudetto della storia
viola. Sarti in porta, Magnini e Cervato terzini, il centromediano
Chiappella, lo stopper Rosetta, il libero Segato, la mezz’ala destra
Gratton e l’ala sinistra Prini. Mancava l’attacco, e sarebbe stato un attacco da
sogno, uno dei più forti di tutti i tempi.
Julinho e Montuori arrivarono l’anno successivo. Quell’estate invece
arrivò da Udine una giovane promessa di 19 anni, un centravanti
all’antica, di quelli che partecipavano poco alla manovra, che stavano
quasi sempre in area ma che in area non perdonavano.
Arrivò a Firenze con il nome di Giuseppe Virgili, ma qui venne presto ribattezzato Pecos Bill, dal nome dell’eroe di fumetti e film western in voga allora, per la sua mira infallibile.
Beppe Virgili aveva salvato l’Udinese con le sue nove reti alla sua prima
stagione di serie A. Nella sua prima stagione viola invece ne fece 15, e
la Fiorentina finì quinta. Nel 1955 arrivarono ad affiancarglisi i
gioielli sudamericani Montuori e Julinho, l’attacco viola composto da
loro tre ne fece 59, di cui 21 erano di Pecos Bill. La Fiorentina vinse lo
scudetto con 12 punti di vantaggio sulla seconda, il Milan, e rimase
imbattuta fino all’ultima giornata, perdendo negli ultimi minuti
dell’ultima partita con il Genoa a Marassi. A Beppe la splendida
stagione valse la chiamata in azzurro dove giocò in tutto 7 partite
distinguendosi in particolare per la doppietta segnata al Brasile nel
1956 a San Siro, nella partita vinta dall’Italia 3-0.
Nel 1957 giocò la sfortunata finale di Coppa Campioni contro il Real
Madrid. Quell’anno, ed il successivo, raggiunse con la squadra due
secondi posti in campionato dietro il Milan, senza però più ripetere
l’exploit dell’anno dello scudetto, fermandosi rispettivamente a 10 e 9
reti.
Nel 1958 Bernardini lasciò il posto a Lajos Czeizler, allenatore
ungherese che allora andava per la maggiore, ma dal carattere difficile e
dalle idee particolari: una specie di Zeman dell’epoca. Partito nel
frattempo Julinho, Virgili capì che il ciclo era finito e l’aria era
cambiata, e chiese di andarsene. Trasferito al Torino, vi trascorse due
stagioni altalenanti prima di uscire definitivamente dal calcio che
conta, a soli 25 anni. Alla fine della carriera, quello che era e resta
uno dei migliori attaccanti italiani dell’epoca e di sempre, aveva segnato 80 reti in 193 partite in Serie A.
Come quasi tutti i campioni del suo tempo, rimase a vivere a Firenze,
dove ha diretto la scuola calcio a lui stesso intitolata presso il
Gruppo Sportivo Firenze Sud Sporting Club fino ai suoi ultimi giorni di vita.
Se n'é andato il 10 giugno 2016, il suo nome è nel lungo elenco di pezzi del nostro cuore che questa annata maledetta si è portata via.
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