(settembre 2015) La gente viola, passato questo
momento in cui prevalgono sentimenti negativi aggrovigliati su se stessi come
matasse difficili da sbrogliare, lo ricorderà soprattutto per una immagine
legata al suo giorno migliore qui a Firenze. Al giorno migliore di Firenze
sportiva da lungo tempo a questa parte.
Era il 20 ottobre 2013. Giuseppe
Rossi aveva già pareggiato i due gol della Juventus subiti nel primo tempo,
toccò a lui completare la remuntada viola raccogliendo il passaggio smarcante
di Borja Valero in area bianconera e fulminando un basito Gigi Buffon.
Quel giorno fu apoteosi, per la
Fiorentina e per Joaquin Sanchez Rodriguez, che scoprì improvvisamente di
essere ancora un grande campione e di aver trovato a Firenze quella che lui ha
sempre definito una seconda casa. Ma le favole, si sa, per quanto avvincenti
sono destinate a durare poco. Il finale quasi mai è quello del “vissero felici
e contenti”.
Dopo due stagioni El Pisha, come
lo chiamano dalle sue parti, torna a casa, ed è forse tra tutti gli addii
pronunciati dalla Fiorentina dai primi di giugno a questa parte quello più
emblematico, oltre che più doloroso sia dal punto di vista sentimentale che
delle conseguenze immediate sull’organico e sul gioco della squadra. La gente
si era affezionata molto a questo caballero venuto a Firenze a fare da riserva
a Cuadrado, vecchia gloria che doveva spendere in riva all’Arno gli ultimi
spiccioli di una carriera prestigiosa, anche se purtroppo non impreziosita da
un titolo mondiale che le Furie Rosse spagnole avevano vinto solo dopo la sua
uscita dal giro della Nazionale.
Quel giorno contro la Juve la
torcida viola imparò che tra il titolare Cuadrado e la riserva Joaquin non
passava alcuna differenza. E fu un sollievo, perché quando la Vespa calò di
rendimento e si avviò verso una lucrosa ma pesantissima cessione al Chelsea, la
Fiorentina quasi non se ne accorse. Infuriava il Ciclone Salah, certamente, ma
soprattutto quell’ala destra che la Fiorentina aveva preso dal Malaga
nell’estate 2013 quasi in sordina sulla sua fascia faceva sfracelli. E segnava
anche gol decisivi.
Ma il caballero era triste, le
vicende familiari e una certa saudade iberica spingevano el Nino del Puerto a
chiedere alla società un anticipato ritorno a casa, la prima casa natìa. Quel
Betis di Siviglia dove era nato e dove era diventato un Grande di Spagna. La
società rispose, come la Monaca di Monza di manzoniana memoria. E promise.
Secondo il cliché collaudato a suo tempo con Luca Toni, gli fu detto: fai un
altro anno da par tuo e poi te ne vai.
La conclusione della storia non è
stata un happy ending. La lunga estate del calciomercato viola 2015 non aveva
bisogno dell’adiòs di - ed a - Joaquin per intristire ulteriormente l’animo di
tifosi che in breve tempo hanno salutato tanti dei loro beniamini, dopo la
dipartita di Vincenzo Montella. Joaquin ha chiesto l’incasso della cambiale
morale depositatagli l’anno passato. E i Della Valle hanno dovuto constatare
che non sono soli i contratti che vanno rispettati. Anche le promesse.
Non è la prima storia che si
conclude male all’ombra della Torre di Maratona. Qualcuno ricorda quella di
Riccardo Montolivo, l’ex enfant prodige della Fiorentina di Prandelli che
scelse di andare a “vincere altrove”, alla fine del progetto pirandelliano. E lasciamo
fare quante e quali vittorie gli sono toccate in sorte, qui serve ricordare che
fu tenuto per un anno esposto al pubblico ludibrio, anziché essere liberato
subito dal giogo di una maglia viola che non gli stava più. Tanto vale sempre
il detto, se un giocatore qui non ci vuole stare, non ci sta.
Diciamo la verità, a Casette
d’Ete e in Viale Manfredo fanti queste situazioni non le hanno mai sapute
gestire. Chi va via non è figlio di Maria. E’ il cattivo agli occhi della
platea. Va via solo dopo una lunga agonia e una lunga esposizione alla gogna
più o meno mediatica. Va via quando mancano poche ore, pochi minuti alla
conclusione del calciomercato, ed anche ad essere Italo Allodi o semplicemente
Pantaleo Corvino, non c’è più verso di sostituirlo degnamente anche grazie ad
un miracolo.
Il bilancio va su, cantano allo
stadio. Della squadra nessuno parla. Parleranno i risultati, e presto. Per
adesso, oltre alla tristezza di un addio a questo hombre a cui avevamo imparato
a voler bene ed ammirare, resta la certezza che l’uomo – laggiù in quella che
era la sua fascia destra – non lo salterà più nessuno nemmeno per sbaglio.
Adiòs El Pisha. Buon ritorno a
casa. Quel gol alla Juve dovrebbe stare incorniciato in un poster nella sede
della tua ex Fiorentina. Loro preferiscono Ariatti. Per loro va bene così.
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