venerdì 1 gennaio 2016

Joaquin Sanchez Rodriguez, Triste, solitario y final

(settembre 2015) La gente viola, passato questo momento in cui prevalgono sentimenti negativi aggrovigliati su se stessi come matasse difficili da sbrogliare, lo ricorderà soprattutto per una immagine legata al suo giorno migliore qui a Firenze. Al giorno migliore di Firenze sportiva da lungo tempo a questa parte.
Era il 20 ottobre 2013. Giuseppe Rossi aveva già pareggiato i due gol della Juventus subiti nel primo tempo, toccò a lui completare la remuntada viola raccogliendo il passaggio smarcante di Borja Valero in area bianconera e fulminando un basito Gigi Buffon.
Quel giorno fu apoteosi, per la Fiorentina e per Joaquin Sanchez Rodriguez, che scoprì improvvisamente di essere ancora un grande campione e di aver trovato a Firenze quella che lui ha sempre definito una seconda casa. Ma le favole, si sa, per quanto avvincenti sono destinate a durare poco. Il finale quasi mai è quello del “vissero felici e contenti”.
Dopo due stagioni El Pisha, come lo chiamano dalle sue parti, torna a casa, ed è forse tra tutti gli addii pronunciati dalla Fiorentina dai primi di giugno a questa parte quello più emblematico, oltre che più doloroso sia dal punto di vista sentimentale che delle conseguenze immediate sull’organico e sul gioco della squadra. La gente si era affezionata molto a questo caballero venuto a Firenze a fare da riserva a Cuadrado, vecchia gloria che doveva spendere in riva all’Arno gli ultimi spiccioli di una carriera prestigiosa, anche se purtroppo non impreziosita da un titolo mondiale che le Furie Rosse spagnole avevano vinto solo dopo la sua uscita dal giro della Nazionale.
Quel giorno contro la Juve la torcida viola imparò che tra il titolare Cuadrado e la riserva Joaquin non passava alcuna differenza. E fu un sollievo, perché quando la Vespa calò di rendimento e si avviò verso una lucrosa ma pesantissima cessione al Chelsea, la Fiorentina quasi non se ne accorse. Infuriava il Ciclone Salah, certamente, ma soprattutto quell’ala destra che la Fiorentina aveva preso dal Malaga nell’estate 2013 quasi in sordina sulla sua fascia faceva sfracelli. E segnava anche gol decisivi.
Ma il caballero era triste, le vicende familiari e una certa saudade iberica spingevano el Nino del Puerto a chiedere alla società un anticipato ritorno a casa, la prima casa natìa. Quel Betis di Siviglia dove era nato e dove era diventato un Grande di Spagna. La società rispose, come la Monaca di Monza di manzoniana memoria. E promise. Secondo il cliché collaudato a suo tempo con Luca Toni, gli fu detto: fai un altro anno da par tuo e poi te ne vai.
La conclusione della storia non è stata un happy ending. La lunga estate del calciomercato viola 2015 non aveva bisogno dell’adiòs di - ed a - Joaquin per intristire ulteriormente l’animo di tifosi che in breve tempo hanno salutato tanti dei loro beniamini, dopo la dipartita di Vincenzo Montella. Joaquin ha chiesto l’incasso della cambiale morale depositatagli l’anno passato. E i Della Valle hanno dovuto constatare che non sono soli i contratti che vanno rispettati. Anche le promesse.
Non è la prima storia che si conclude male all’ombra della Torre di Maratona. Qualcuno ricorda quella di Riccardo Montolivo, l’ex enfant prodige della Fiorentina di Prandelli che scelse di andare a “vincere altrove”, alla fine del progetto pirandelliano. E lasciamo fare quante e quali vittorie gli sono toccate in sorte, qui serve ricordare che fu tenuto per un anno esposto al pubblico ludibrio, anziché essere liberato subito dal giogo di una maglia viola che non gli stava più. Tanto vale sempre il detto, se un giocatore qui non ci vuole stare, non ci sta.
Diciamo la verità, a Casette d’Ete e in Viale Manfredo fanti queste situazioni non le hanno mai sapute gestire. Chi va via non è figlio di Maria. E’ il cattivo agli occhi della platea. Va via solo dopo una lunga agonia e una lunga esposizione alla gogna più o meno mediatica. Va via quando mancano poche ore, pochi minuti alla conclusione del calciomercato, ed anche ad essere Italo Allodi o semplicemente Pantaleo Corvino, non c’è più verso di sostituirlo degnamente anche grazie ad un miracolo.
Il bilancio va su, cantano allo stadio. Della squadra nessuno parla. Parleranno i risultati, e presto. Per adesso, oltre alla tristezza di un addio a questo hombre a cui avevamo imparato a voler bene ed ammirare, resta la certezza che l’uomo – laggiù in quella che era la sua fascia destra – non lo salterà più nessuno nemmeno per sbaglio.
Adiòs El Pisha. Buon ritorno a casa. Quel gol alla Juve dovrebbe stare incorniciato in un poster nella sede della tua ex Fiorentina. Loro preferiscono Ariatti. Per loro va bene così.

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