venerdì 1 gennaio 2016

To be number one: da Costagliola a Toldo

Portiere bono è mezza squadra, dice un vecchio detto fiorentino. Firenze è una città che anche dal punto di vista calcistico ha un palato assai fine. Soprattutto in riferimento ad alcuni ruoli specifici, uno dei quali è appunto il portiere. La Fiorentina infatti ha spesso costruito le sue fortune sulla possibilità di schierare in porta un top player, come si dice oggi. Il migliore sul mercato, o uno dei migliori, che spesso oltre alla maglia viola finiva per indossare quella azzurra.
Leonardo Costagliola
Dopo i tempi eroici di Bruno Ballante e Luigi Griffanti, che difesero i pali di una Fiorentina in lotta per conquistarsi un posto fisso nell'Olimpo del calcio italiano, la serie A, il primo ad inaugurare la splendida dinastia dei portieri viola fu Leonardo Costagliola da Taranto, detto il gatto magico.
Venne comprato dalla Fiorentina nel 1948 dal Bari, e rimase in viola per sette anni, fino alla vigilia del primo scudetto. Nel frattempo fu convocato anche in Nazionale. Difese la porta azzurra in tre occasioni senza subire un gol, ed ebbe l'onore di essere schierato nella prima partita trasmessa dalla RAI nel dicembre 1953, Italia-Cecoslovacchia 3-0 a Genova, commento di Nicolò Carosio. Ai mondiali di Svizzera l'anno dopo gli fu preferito l'interista Giorgio Ghezzi, e non ebbe colpa quindi della débacle azzurra rimanendo imbattuto tra i pali della Nazionale.
Nel 1955 dette l'addio al calcio passando il testimone a Giuliano Sarti, di cui abbiamo già raccontato in questa Galleria viola e a cui toccò la gloria del primo scudetto della Fiorentina.
Nel 1963 Sarti passò all'Inter, la Fiorentina inaugurò quella linea verde che avrebbe avuto talmente tanto successo da fruttarle il secondo scudetto, ed in porta finì il secondo di Sarti, Enrico Albertosi da Pontremoli, destinato a rimanere nel cuore degli sportivi fiorentini come uno dei campioni più amati e dei personaggi più estroversi ed ammirati di tutta l'epopea viola.
Dopo la Coppa Italia e la Coppa delle Coppe del 1961 vinte dalla panchina, Ricky vinse da titolare la Mitropa Cup ed ancora la Coppa Italia nel 1966, e si conquistò la maglia di titolare in Nazionale dopo il disastro dei mondiali inglesi del 1966, con l'Italia battuta dalla Corea del Nord del dentista Pak Doo Ik.
Enrico Albertosi
Albertosi difese la porta azzurra ai vittoriosi (gli unici, a tutt'oggi) Europei casalinghi del 1968. Era destinato a grandi cose anche a Mexico 70, il mondiale di Italia - Germania 4-3 e della finale persa contro il Brasile di Pelé solo all'ultima mezz'ora. Ma a quel punto non era più un giocatore della Fiorentina. Come Costagliola, salutò la maglia viola alla vigilia di un campionato vittorioso, anche se nel suo caso fu il presidente Baglini – che continuava a privilegiare la linea ye ye – a voler monetizzare, cedendolo al Cagliari insieme a Mario Brugnera, mentre il grande Kurt Hamrin pigliava la via di Milano rossonera.
Erano in molti nell'estate del 1968 a temere che la Fiorentina fosse costretta a lottare per la salvezza, priva com'era dei suoi campioni più forti, mentre in porta andava a prendere posto il giovane Franco Superchi, prelevato come già gli altrettanto giovani Merlo e De Sisti da squadre minori dell'hinterland romano. Sappiamo tutti come andò a finire quell'anno. Superchi fu la saracinesca di una squadra che sbaragliò la concorrenza (che si chiamava Milan di Gianni Rivera e Cagliari di Gigi Riva) e portò a Firenze il secondo scudetto. L'apoteosi fu nella partita decisiva, Juventus-Fiorentina 0-2, dove il numero uno viola parò tutto e consentì alla sua squadra di acquisire la matematica certezza del titolo.
Franco Superchi
Superchi rimase in viola fino al 1976, sopravvivendo alla fine del ciclo vincente di Baglini e facendo da chioccia al giovane Massimo Mattolini, che purtroppo non riuscì a raccoglierne l'eredità, al pari dei suoi colleghi di una generazione che per varie ragioni non seppe ripetere i fasti di quella precedente, malgrado la presenza in squadra del gioiello Antognoni. Il povero Mattolini, tra l'altro, è recentemente scomparso per i postumi di una malattia per la quale si sospetta come causa la "farmacia facile" degli anni 70, che molti ritengono essere costata la vita a diversi giocatori di quel periodo.
Dopo un breve intermezzo in cui il crepuscolo della carriera di Gedeone Carmignani rischiò di coincidere con quello della Fiorentina stessa, in porta arrivò Giovanni Galli da Pisa, di cui abbiamo già raccontato la vita dapprima felice e poi tragicamente tribolata sempre in questa Galleria. Galli fu numero uno viola dal 1977 al 1986, dopodiché si aprì di nuovo un interregno costellato dalla reggenza da parte di figure che non riuscirono a incidere il proprio nome nella targa sotto il labaro viola. Dal vecchio Paolo Conti alla giovane promessa mai mantenuta Marco Landucci fino a quel Gianmatteo Mareggini di cui si ricorda una sola impresa (anche se non da poco, da queste parti): il rigore parato al bianconero De Agostini dopo il gran rifiuto di Roberto Baggio nella storica Fiorentina-Juventus del 90-91, in cui la Curva Fiesole diventò una splendida riproduzione stilizzata della città di Firenze. In questi anni si affermava tra l'altro alla corte di Arrigo Sacchi al Milan il fiorentino Andrea Pazzagli (anche lui scomparso prematuramente), cresciuto nella primavera viola ma mai approdato in prima squadra. Come dire, sfortunatamente nemo propheta in patria.
Bisognò arrivare al 1993-94, l'anno della prima serie B conquistata da Vittorio Cecchi Gori, per vedere affacciarsi nella lista dei giocatori della Fiorentina il nome di un nuovo campione: Francesco Toldo da Padova. Cresciuto nelle giovanili del Milan (che però in quegli anni aveva Galli, Pazzagli e Sebastiano Rossi, e poteva permettersi di non credere in lui) Francesco diventò in breve tempo uno dei pilastri della Fiorentina di Claudio Ranieri.
Quella che andò a vincere la Supercoppa nel 1996 (dopo la quinta Coppa Italia della storia viola) proprio in casa del Milan con la dichiarazione d'amore di Batigol alla moglie in mondovisione.
Quella che andò a vincere a Wembley in casa dell'Arsenal in Champion's League, ed in quella occasione Francesco parò di tutto. Quella che per un periodo troppo breve sembrò insediarsi stabilmente tra le Sette Sorelle, le pretendenti fisse allo scudetto.
Francesco Toldo
Nel 1996 la Fiorentina riscattò la comproprietà di Toldo dal Milan. Nel 1998-99 la Fiorentina arrivò terza in campionato, dopo essere stata lungamente al comando. Nel 1998 Francesco fu secondo di Gigi Buffon in Nazionale, ai mondiali di Francia. Nel 2000 venne il suo momento: Buffon si infortunò prima degli Europei di Belgio-Olanda, la maglia di titolare toccò a lui, Francesco Toldo, che non sprecò l'occasione. Nella semifinale con gli Orange padroni di casa, Francesco parò ancora una volta tutto, ma proprio tutto, durante novanta minuti d'assedio più i supplementari. Parò anche un rigore nei tempi regolamentari e ne parò altri due nella serie (quella del "cucchiaio" di Francesco Totti) che dette all'Italia l'accesso alla finale di Bruxelles con la Francia. Dove soltanto un gol di Wiltord a tempo scaduto ed il golden gol di Trezeguet gli negarono la gioia di eguagliare Albertosi e di dare il secondo titolo continentale all'Italia, da portiere viola trapiantato in azzurro.
L'anno dopo, con Terim prima e Mancini poi, fu accanto a Manuel Rui Costa quando questi alzò la sesta Coppa Italia, l'ultimo trionfo della Fiorentina fino ad oggi. Subito dopo, gli toccò però essere accanto a Rui Costa anche nell'elenco dei pezzi pregiati da cedere per sanare il buco di bilancio di Cecchi Gori e poter iscrivere la Fiorentina al campionato. Piangeva Rui Costa mentre partiva per andare al Milan, piangeva Toldo mentre anche lui lasciava Firenze per Milano, per la sponda nerazzurra. Piangevano i tifosi fiorentini, che dopo aver visto andare Batistuta alla Roma, adesso salutavano gli ultimi campioni di un'epoca che aveva promesso molto e mantenuto solo in parte. Era già successo nel 1967-68, allora però era arrivato lo scudetto, stavolta invece sarebbe arrivata un'altra retrocessione, ed il fallimento.

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