15 gennaio 1989, allo Stadio Comunale di Firenze, non
ancora intitolato ad Artemio Franchi, si gioca quella che da tempo è diventata
la partita dell’anno (e che tra poco diventerà quella dell’odio). La Fiorentina
a trazione anteriore modello B2 gioca alla pari con una Juventus che non è più
quella degli anni d’oro di Trapattoni ma che comunque è sempre un osso duro. Al
vantaggio iniziale del bianconero Rui Barros ha risposto il gioiellino viola, l’uomo
che non fa rimpiangere Antognoni, Roberto Baggio. Tante volte è finita 1-1, e
per la Fiorentina era già un risultato non da poco aver fermato gli squadroni
calati dalle Alpi. Ma stavolta c’è da giocare un’ultima azione, è il
novantesimo e la Fiorentina deve battere un ultimo calcio d’angolo. Sulla
lunetta va Baggio, come sempre. Quell’anno lui ed il centravanti venuto dal
Como, Stefano Borgonovo, hanno fatto faville segnando caterve di gol. Certo che
sarebbe troppo bello se...
Batte Roberto Baggio, e batte bene. La palla tesa arriva
al centro dell’area, il numero nove stacca altrettanto bene e GOL! Vittoria all’ultimo
secondo, stadio e città in delirio. Di tutte le vittorie sui gobbi questa non sarà forse la più
eclatante per gioco risultato, ma è sicuramente la più clamorosa nel copione e
nella scenografia, insieme a quella che andrà in scena due anni dopo, ma con
Baggino ormai dalla parte avversa.
La leggenda di Stefano Borgonovo nel cuore dei tifosi
viola nacque così, grazie ad un gol che sempre secondo la leggenda il compianto
Mario Ciuffi definì immediatamente “meglio di una scopata”. E per un altro gol,
sempre segnato in zona Cesarini ad un’altra grande di quegli anni, l’Inter di
Valter Zenga che si avviava a vincere lo scudetto, quando all’85' sul 3-3
intercettò un retropassaggio di Bergomi allo stesso Zenga e rapinò il gol di un’altra
vittoria da apoteosi. A fine stagione tra lui e Robertino ne fecero 29, e
siccome il suo cartellino era del Milan, i rossoneri lo richiamarono in sede
per far parte della grande equipe di
Arrigo Sacchi, nonostante lui ormai a Firenze ci s tesse più che bene e ci sarebbe
rimasto volentieri.
Ma la fortuna non era nel kharma di Stefano Borgonovo. Un infortunio al ginocchio ne limitò
le prestazioni nell’anno in cui i rossoneri andarono a rivincere la Coppa dei Campioni
a Vienna contro il Benfica, con il trio delle meraviglie olandese. Stefano segnò
gol decisivi durante quella stagione, ma nel complesso pagò infortunio e
riabilitazione, al punto che il Milan, che comunque nel ruolo aveva Van Basten,
lo rispedì a Firenze a ritrovare la condizione del suo periodo d’oro.
A Firenze intanto non c’era più Roberto Baggio, ma in
compenso c’erano nuovi proprietarii, Mario & Vittorio Cecchi Gori, determinati
a far ritornare grande la Fiorentina. E per un motivo o per l’altro, vuoi perché
il ginocchio non era più quello di prima, vuoi perché dietro non c’era più il
vecchio partner della B2 a fare gli assists, Stefano nei due anni che restò in
viola segnò solo 7 gol in 42 presenze. A completare il quadro, nell’estate del
1991 i Cecchi Gori misero a segno il loro colpo di mercato più grande, l’acquisto
del goleador argentino della Coppa America, Gabriel Omar Batistuta. Nella
stagione 1991-92 la convivenza tra Borgonovo e Batistuta fu problematica. La
squadra si schierò con l’italiano, ma l’argentino era una macchina da gol
inarrestabile, migliorava a vista d’occhio, era più giovane e ancora più
integro fisicamente. A fine anno il posto fu suo e Stefano Borgonovo si separò
per l’ultima volta dalla maglia viola.
La sua carriera proseguì e finì lontano dai riflettori.
Tentò poi la strada della panchina, andando ad allenare quel Como che l’aveva
lanciato come giocatore. Ma nel 2005 non meglio specificati problemi di salute
lo costrinsero a lasciare. Finché nel 2008 arrivò l’ammissione della triste e
inevitabile realtà: Stefano era malato di Sindrome Laterale Amiotrofica (SLA). La stronza, come la Avrebbe chiamata lui
stesso, è una malattia che colpisce un numero sempre maggiore di ex calciatori
(sollevando dubbi sempre più atroci sulle varie farmacie succedutesi tra gli anni 70 e gli anni 90), e che fino
ad oggi non ha perdonato.
Ma Stefano, che era coraggioso da calciatore andando a
cercarsi le sue opportunità in area anche al 90’, dimostrò di esserlo ancora
di più da uomo semplice, che lottava a viso aperto contro un male terribile con
l’aiuto di Chantal, una compagna anche lei coraggiosa quanto lui. La Fondazione Stefano Borgonovo Onlus è un’arma
in più, che grazie ai coniugi Borgonovo un giorno consentirà ai ricercatori di
offrire ai malati di SLA un destino migliore di quello che è toccato a Stefano,
scomparso il 27 giugno 2013 a
neanche 50 anni.
Chi tifa viola preferisce ricordarlo stravolto dalla gioia
per avere appena inzuccato nella porta juventina uno dei 15 gol della stagione
1988-89, sicuramente il più importante. Ma il ricordo che forse stringe più il
cuore è quello di Stefano sul prato del Franchi l’8 ottobre 2008, poco prima
che Fiorentina e Milan, le sue due squadre del cuore, si affrontassero per dare
in beneficienza l’incasso alla sua Fondazione. La sua carrozzina spinta dall’amico
e compagno Robertino Baggio, stravolto dalla commozione come tutti noi che
eravamo lì a vederli, ha compiuto in quello stadio il giro d’onore più
emozionante dell’intera sua storia.
Roberto e Stefano, ce li ricorderemo sempre con il viso
dei 20 anni, sorridente di gioia per i loro splendidi gol. Sullo sfondo un
unico colore dominante: il viola. E un immenso urlo di gioia, capace di
scuotere nelle fondamenta uno stadio e un’intera città.
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