Nell’estate del 2007, alla
fine del campionato miracoloso della rimonta dalla penalizzazione di quindici
punti, Diego della Valle mantiene l’impegno preso nei giorni bui di Calciopoli
con Luca Toni e lo cede al Bayern Monaco. L’addio alla Scarpa d’Oro non è
indolore per i tifosi, che tuttavia possono consolarsi con un pacchetto di
attaccanti di tutto rispetto che viene incaricato di sostituirlo. Assieme al
veterano Christian Vieri e alla giovane promessa Gianpaolo Pazzini, arrivato
dall’Atalanta insieme all’altro talento Riccardo Montolivo, dal vivaio orobico
il DS Corvino preleva anche un ragazzo argentino di belle speranze, che finora
ha conosciuto solo il calcio di provincia, sia in patria e poi in Italia, prima
all'Atalanta - anche lui - e poi a Lecce.
Pablo Daniel Osvaldo,
nipote di emigrati italiani della provincia di Ancona, in possesso quindi del
doppio passaporto, si mette subito in mostra per alcuni colpi veramente
notevoli, che fanno sembrare ben spesi i 4,5 milioni d’euro versati nelle casse
bergamasche. Dopo l’esordio a Livorno in cui contribuisce alla vittoria viola
con un go l spettacolare in rovesciata acrobatica, viene fatto giocare poco, ma
quando gioca inventa sempre qualcosa. Dei suoi 5 gol in 21 presenze in due anni
in viola, i tifosi ricordano soprattutto due gol. Il primo lo segna il 2 marzo
2008 al Delle Alpi di Torino. La Fiorentina ha rimontato la Juventus fino al
due pari, potrebbe bastare così, invece no, al 90° gli capita la palla giusta in
area e lui non la spreca. 3-2, prima ed unica vittoria sui bianconeri della
gestione Della Valle, pubblico viola in delirio, qualcuno propone addirittura
di dargli la maglia che fu del grande Omar Gabriel Batistuta, il Re Leone.
Il secondo lo segna sempre
a Torino, sponda granata. E’ l’ultima giornata, la Fiorentina è ad un punto dal
quarto posto che la qualificherebbe finalmente per la sospirata Champion’s
League, dopo due anni andati a male a causa di Calciopoli. A sette minuti dalla
fine è 0-0, qualificato il Milan. A Osvaldo capita ancora la palla giusta, e
lui non trema. La sua rovesciata avrebbe fatto invidia a Carletto Parola. Ad attendere
lui e la squadra ci sono 40.000 persone al Franchi quella notte. Qualcuno lo
soprannomina il Re
Leone 2.
Sembra l’avvio di un’altra
carriera leggendaria in viola. Invece no. Osvaldo se ne va nel gennaio 2009,
chiuso dall’arrivo di Gilardino, da un suo carattere che in quel momento non lo
favorisce e anche da una società che nonostante le sue prodezze non crede in
lui. Insieme a Pazzini, preferisce prendere altre strade al momento
apparentemente meno prestigiose, piuttosto che cercare di riguadagnare la stima
del mister Cesare Prandelli. E così, parte per Bologna, dove dapprima un
infortunio lo blocca. L’anno dopo, alla prima giornata, il suo primo gol in
rossoblu. Naturalmente contro la Fiorentina. I tifosi viola cominciano a
rimpiangerlo, anche perché progressivamente a Gilardino si spegne la luce e a
Mutu si accende la spia rossa che già altre volte ha compromesso la sua
carriera di fuoriclasse.
Il gol in rovesciata di Osvaldo al Torino che decise la qualificazione alla Champion's 2008-9 |
Nel 2011 lo prende l’Espanyol.
In Spagna segna 22 gol in 47 partite, la sua stagione più prolifica. L’esplosione
del bomber argentino non passa inosservata a Roma, dove la squadra giallorossa
sta tentando di rinnovarsi grazie ad una nuova proprietà, ed è a caccia di talenti.
Nella prima stagione romana, malgrado 11 gol, si fa notare piuttosto per il
pugno in faccia al compagno Lamela per un mancato passaggio che testimonia una
volta di più del riaffiorare di un suo carattere non facile.
Segue un nuovo infortunio
che lo tiene fuori per buona parte del campionato. Nella stagione 2012-13, a Roma approda un suo
vecchio estimatore dei tempi di Lecce, Zdenek Zeman. Il tecnico boemo lo definisce
una forza della
natura, scommette di nuovo su di lui,
e Simba, come nel frattempo hanno preso a chiamarlo i tifosi
capitolini (anch’essi come i fiorentini con ancora negli occhi le prodezze di
Batigol), lo ripaga con 16 gol fino a questo momento.
Il 4 maggio 2013 il destino
lo mette di nuovo sulla strada della sua ex squadra, quella Fiorentina a cui
una volta regalò la Champion’s League. La Roma non è più quella del girone di
andata, che fece molto male ai viola, anche con Osvaldo. Zeman non c’è più,
Andreazzoli fa quello che può, ma la squadra è incostante ed anche stanca. Ma
il match di Firenze vale una stagione, la Roma si fa tosta, picchia duro e poiché
l’arbitro Mazzoleni lascia correre, arriva all’ultimo minuto di recupero
indenne. Anzi, sull’ultimo casuale calcio d’angolo, salta più alto di tutti Simba, che decide ancora una volta la qualificazione alla Champion’s
League tra Milan e Fiorentina. Questa volta a svantaggio dei viola, perché i giallorossi
passando a Firenze favoriscono i rossoneri.
E poi? Il futuro del Re Leone 2 non è neanche
a Roma, come non lo era stato quello di Batistuta. La rottura con l’ambiente giallorosso non viene ricomposta
nemmeno da gol pesanti come quello di Firenze. Da Trigoria deve andarsene, e
allora sembra di nuovo oggetto del desiderio della Fiorentina, dopo quattro
anni. Si spara addirittura una quotazione: 13 milioni di euro, una cifra da top player europeo per un oriundo ormai stabilmente nel giro
della nazionale di Prandelli.
E invece a sorpresa Pablo Daniel
vola in Inghilterra, al Southampton dove diventa Dani Osvaldo. E dove va a prenderlo a gennaio una Juventus
preoccupata di avere una panchina corta in quanto ad attaccanti, visto che è
ancora impegnata su tre fronti). Il Re Leone 2 incontra di nuovo i viola, in
Europa league, ma stavolta non lascia il segno, né per la Juventus che è già
fuori dalla Champion’s e che va avanti in Europa League senza di lui, né per la
Fiorentina che viene eliminata dalla coppa da una magia di Pirlo, mentre di lui
quasi neanche si accorge.
A 30 anni, l'ex Re Leone 2 ha abbandonato il sogno di ripetere i fasti del primo. Non
ha più ruggiti da lanciare e zampate da dare, e non
incrocerà più la strada con i viola, se non a qualche concerto del connazionale Gonzalo Rodriguez, dato che ha intrapreso ormai in pianta stabile la strada della musica abbandonando quella dello sport.
Il Regno di Simba è finito.
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