Prima della conclusione del campionato,
già dal mese di marzo, Mencucci e Cognigni cominciano a lavorare per portare in
Società l’uomo della svolta, quel Pantaleo Corvino di cui si dice che sia l’unico
in grado di tenere testa a Moggi, e che per la verità un affare con Bojinov
l’ha fatto pochi mesi prima, ma per il Lecce.
Approdato a Firenze Corvino, il
primo atto formale fu scegliere il “top coach”. Così arriva in riva d’Arno quel
Cesare Prandelli del quale tutti dicono un gran bene. Questi uomini mettono in scena
una campagna acquisti seconda – nella storia viola – solo a quella di Pontello
nel 1981. Arrivano in pochi giorni il bomber Luca Toni dal Palermo, poi Brocchi,
Fiore, Pasqual, Gamberini, il portiere Frey, Donadel.
Il campionato che segue sarà altrettanto
memorabile. Il gioco brillante dato da Prandelli a tutti questi campioni, e
soprattutto i 31 gol di Toni (che vincerà, primo italiano di sempre, la Scarpa
d’Oro) portano la Fiorentina ad un quarto posto (valevole per il preliminare di
Champion’s League) che viene sancito dalla vittoria a Verona contro il Chievo
all’ultima giornata.
Purtroppo, però, mentre i
giocatori sul prato del Bentegodi danno vita alla festa per il trionfo, sugli
spalti cominciano già ad arrivare le notizie che troncheranno sul nascere
quella stessa festa tra i tifosi. Quelle telefonate dell’anno precedente sono
state intercettate dai Carabinieri, nell’ambito delle indagini sulla corruzione
nel calcio italiano, che passeranno sotto il nome di Calciopoli. Nei guai, non
ci finiscono solo i “signori del calcio”, Moggi per la Juve e Braida per il
Milan, ma anche i neofiti Della Valle e Lotito, e tutti i loro rispettivi
entourage.
Secondo le regole bizantine del
calcio italiano, vige la presunzione di colpevolezza, al contrario di quanto
avviene nella società civile. O Della Valle dimostra (in pochi giorni) che
quelle telefonate sono state innocue, o la Fiorentina viene accusata di illecito
sportivo (tentato o consumato, cambia poco) e retrocede di nuovo. E non c’è
solo la Giustizia Sportiva, ma anche la Magistratura di Napoli che ha aperto un
fascicolo, e spedito ai fratelli Della Valle e all’amministratore delegato
Mencucci degli avvisi di garanzia che sembrano metterli in ginocchio.
A Folgaria, all’inizio del ritiro,
c’è solo Cesare Prandelli ad accogliere i giocatori. La società pare in quel
momento dissolta sotto i colpi di Calciopoli. Tocca a quei pochi presenti a
Folgaria di stringere i denti, trattenere le lacrime ed asciugare quelle dei
giocatori, che sono partiti da casa per il ritiro qualificati al preliminare di
Champion’s e arrivano a Folgaria retrocessi in Serie B.
Le grandi manovre dietro le
quinte, messe in atto per salvare “imputati più gravi e più eccellenti”, portano
a ridimensionare poi la sanzione per la Fiorentina, che si vede cancellata la
qualificazione alla Champion’s per il 2006 e assegnati 19 (poi ridotti a 15 in
ottobre) punti di penalizzazione per l’anno successivo. Salvarsi sarà
un’impresa da uomini veri. Per fortuna, la Fiorentina scoprirà di averne.
Mentre Corvino mette a
disposizione del tecnico altri campioni come il fuoriclasse Mutu, Santana e Liverani,
Prandelli e i giocatori stringono un patto. Costi quel che costi, resteremo in
serie A, malgrado tutto, anche il campionato dal calendario in salita che ci
viene proposto.
E lo fanno. A novembre, quando
Martin Jorgensen mette dentro lo splendido gol della vittoria in casa del
Torino, la penalizzazione è già azzerata, e da quel momento si comincia a
contare i punti con il segno più. E’ un’altra cavalcata, come quella dell’anno
prima, ma ancora più affascinante e drammatica.
Toni non ripete l’exploit dei 31
gol, ma Adrian Mutu ci mette molto del suo, Frey para di tutto e di più, e
anche gli altri giocano il campionato della vita. Alla fine la Fiorentina è
quinta, e Prandelli può vantarsi orgogliosamente di essere arrivato in realtà
terzo, cioè direttamente qualificato alla Champion’s, se non ci fosse stata
quella dannata penalizzazione.
In Champion’s ci va una volta di
più la Roma, ma i viola possono essere fieri di aver compiuto una grandissima
impresa, il miglior risultato a tutt’oggi dell’era Della Valle e uno dei
migliori di tutti i tempi.
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