Disgraziata la patria che ha bisogno di eroi, diceva Bertolt Brecht. E’
il caso di Firenze. Che di eroi, in tutti i campi, ne ha avuti e ne avrà
probabilmente sempre. Ma che sono destinati a spiccare sempre di più sullo
sfondo di un panorama cittadino d giorno in giorno più misero. E questo non è
detto che sia un bene. Anche se i nostri eroi non ce li tocca nessuno, com’è gusto
che sia.
Giancarlo Antognoni a Firenze è l’eroe per antonomasia. L’uomo che,
dotato di una classe e di una maestria nella propria arte come pochissimi altri
prima e dopo, rinunciò a grandi vittorie a lui assolutamente confacenti per
attaccamento ad una maglia, quella viola, che ai suoi tempi era già diventata
una delle pochissime cose a cui questa città - che una volta di geni ne
produceva e ne accoglieva in quantità industriale – poteva aggrapparsi per non
avvilirsi a proposito delle sue presenti condizioni.
La luce del sole, se stagliata sullo sfondo di una tenebra fittissima,
risplende ancora di più. Ecco perché Firenze ha voluto bene a Julinho, a De
Sisti, a Rui Costa, a Mutu, ma a lui, Giancarlo, sempre e comunque un pochino
di più. Perché lui è stato la ragione di vita per tutti quei ragazzi che negli
anni Settanta cominciarono ad andare allo stadio. Per vedere le giocate del
numero 10, e pochissimo altro. Perché lui è stato ed è Firenze. Come
Michelangelo. Come Lorenzo il Magnifico. Come Ghiberti e Brunelleschi. Nei
secoli dei secoli.
Giancarlo Antognoni è un uomo intelligente. E’ consapevole di essere
un personaggio pubblico senza eguali. Non solo qui, ma soprattutto qui. Ecco
perché non ha ancora deciso se presenziare alla cosiddetta festa dei 90 anni
viola. Perché sa che, comunque si muova, scontenterà qualcuno, compromettendo
la sua immagine di icona, di simbolo, di valore super partes.
Se resta a casa, come orgoglio e dignità più che giustificati
suggerirebbero, verrà accusato da parte dei filo-societari e degli agnostici di
aver boicottato quella che qualcuno spaccia per la più grande celebrazione
viola degli ultimi anni per ragioni di “bottega” personale. Se va, cedendo alla
mozione di un cuore che ormai bene o male viola è e viola resta, verrà accusato
di andare a Canossa per “mendicare qualcosa” da coloro che l’hanno messo ai
margini della storia viola. Lui, che è la storia viola, ad inginocchiarsi da
chi la storia viola non ha neanche cominciato a scriverla.
In realtà, le cose stanno diversamente. Qualunque cosa faccia,
Giancarlo Antognoni resta Giancarlo Antognoni. Firenze deve ringraziarlo, e la
Fiorentina pure. E i Della Valle rassegnarsi al fatto che anche qualora
cominciassero a vincere qualcosa (del che ci permettiamo non di dubitare ma di
essere sicuri del contrario) non potranno mai sperare di avere un milionesimo
dell’affetto che la città riserva a colui che essi giustamente – dal loro punto
di vista – hanno messo in disparte perché l’ombra che avrebbe proiettato su di
loro sarebbe entrata in confitto con tutti i motivi soprattutto di visibilità
per cui hanno acquisito e mantengono la Fiorentina.
Quindi, Giancarlo non ha di che preoccuparsi, e sicuramente non se ne
preoccupa. Qualunque cosa faccia il 28, lui in quei 90 anni c’é. E non si
discute. Chi lo fa, commette un peccato di ignoranza prima ancora che di
mancanza di senso critico. Peccato mortale, di questi tempi.
Il fatto però è che il grandissimo Giancarlo Antognoni è ormai, al
pari di Julinho, De Sisti, un giocatore del passato. Sono sempre meno quei
ragazzi degli anni Settanta di cui sopra, e sono tutti appartenenti a quella
maggioranza silenziosa che della gestione Della Valle comincia a non poterne
più, ma che comunque non si fa sentire, per timidezza, disinteresse o scarsa
voglia di mettersi a discutere con energumeni di ogni ordine e grado.
Gli altri, quelli che vanno allo stadio magari in settori dove si
discute poco e si pensa ancora meno, si fanno sentire eccome. Magari non
andando oltre la ripetizione di mantra come “tornateci voi a Gubbio”, “se vanno
via chi ci piglia”, “allora compratela voi”, “fate i fenomeni con i soldi degli
altri”, “i Della Valle ci tengono ai massimi livelli a cui può ambire la
Fiorentina” (Baglini vendeva inchiostri e Befani stracci di lana, chissà qual
era allora il livello a cui potevano ambire).
Sono coloro che erroneamente vengono definiti i dellavalliani. Gente
per cui Giancarlo Antognoni è un video da cineteca, ma “Vittorio se lo
ricordano bene, e poi Gubbio e Gualdo Tadino”. Gente per cui anche Gabriel
Batistuta comincia a stemperarsi e a sfumare come ricordo nelle nebbie di un
passato sempre più lontano e sempre meno conosciuto.
Gente che il 28 agosto si precipiterà alla festa viola, perché bisogna
esserci. Poi magari domandate loro che cosa si festeggia, e di ripeterlo – come
si faceva a scuola una volta – con parole loro.
Personalmente, riteniamo che tutto ciò che ci sarebbe realmente da
festeggiare in questi 90 anni di storia viola o non c’è più (perché la legge
del tempo è l’unica che si deve rispettare sempre e comunque, anche in questo
paese), oppure finirà per restare ai margini – per un motivo o per un altro –
di questa kermesse di Cognigni & soci.
Semmai, ci sarebbe da commemorare proprio quel ragazzo che poteva
andare a vincere quello che voleva e dove voleva. E che invece rimase qui a
fare assist per gente che per stoppare un pallone rischiava di bucarlo. Poi,
nel 1982, si ruppe la testa e quasi si ammazzò per andare in fuga per il terzo
scudetto viola. Nel 1984, andato male il primo tentativo, si ruppe la gamba e
chiuse la carriera solo per averci riprovato. La Fiorentina alla fine di quei
due anni non vinse niente, ma è stata l’ultima volta che è andata veramente
vicina a farlo. Batigol, non ce lo dimentichiamo, per mettere le mani su un
trofeo che non fosse la Coppa Italia dovette trasferirsi a Roma.
Chi ha voglia di festeggiare qualcosa di serio, il 28, vada su youtube
e si guardi tutto quello che c’è sul “ragazzo che giocava guardando le stelle”.
E tenga un occhio al calciomercato, perché fra frizzi e lazzi la stagione che
va a cominciare potrebbe aggiungere ben poco ai festeggiamenti, e molto a certi
corsi e ricorsi storici a cui non vogliamo neanche pensare.
Comunque vada, #noistiamoconGiancarloAntognoni.
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