domenica 1 maggio 2016

Il Grande Nulla

Sgombriamo subito il campo dalle illazioni. Chievo-Fiorentina non è una partita da Ufficio Inchieste. Lo testimoniano i due legni colpiti, uno per parte, da Mauro Zarate su punizione nel primo tempo per i viola e da Nicola Rigoni nel secondo su gran tiro da fuori area per i gialli clivensi. Lo testimonia il quarto d’ora finale dei padroni di casa che sentono odore di Fiorentina in ulteriore calo fisico e provano a far loro l’intera posta. Lo testimonia Mauro Zarate, al quale – se c’ è stata combine – nessuno eventualmente ha detto nulla.
L’argentino si batte da solo contro la difesa del Chievo, traversa a parte non combina granché, ma almeno si guadagna il gettone di presenza. I suoi compagni per guadagnarsi il loro fanno appena il minimo sindacale. Con questo Chievo per perdere d’altra parte bisogna mettersi d’impegno. Anche per vincere, e stasera nessuno ne ha voglia, come già da tre mesi a questa parte.
Sembra quasi che quando l’inerzia del proprio gioco ruminato di passaggi la porta sulla fatidica tre quarti avversaria oppure sulla fascia, la Fiorentina di stasera si faccia un dovere di vanificare qualunque possibilità offensiva scegliendo puntualmente la soluzione o la giocata peggiore, il passaggio più sballato, il tiro più improbabile o telefonato. Sulla punizione di Zarate sopra citata, il portiere veronese Bizzarri rimette la palla in pratica sui piedi di Alonso a porta al 95% vuota. La conclusione dello spagnolo è talmente sballata che se si vuole escludere la combine resta solo lo stato confusionale. E stavolta non c’è una trattenuta di Rugani a cui aggrapparsi.
Paulo Sousa, che aspetta sempre il fatidico incontro a Teano con Andrea Della Valle (nel frattempo impegnato ai mondiali di slittino, come sempre in questa parte dell’anno), decide di non rischiare quella parte della sua reputazione che ancora sopravvive al girone di ritorno sciagurato giocato dai suoi mettendo in campo una formazione abbastanza quadrata. Ovvia, diremmo, considerati i malanni fisici di Iosip Ilicic e Matias Vecino. In campo va l’altro Matias, il Fernandez che almeno – ti dici – viene buono per i calci da fermo, visto che un uomo in attacco non lo salta dai tempi del primo Montella.
Per il resto, business as usual, eccezion fatta per l’accoppiata d’attacco Zarate – Kalinic. Atteso che il croato continua imperterrito la sua involuzione tecnico – tattica e basta un Gamberini ai suoi livelli per vanificarne la prestazione (chiamiamola così), l’argentino, come detto, prova sistematicamente la soluzione personale. Stasera, anziché maledire la sua proverbiale testardaggine, c’è da capirlo e scusarlo. La Fiorentina in avanti è il nulla, e si capisce da subito che passare stasera rappresenterebbe un mezzo miracolo.
Bernardeschi siede in panchina, e viene da pensare a quale sarà la panchina su cui siederà il prossimo anno, se si continua così, a schierare ectoplasmi pur di non dargli la soddisfazione di poter crescere in mezzo ad una squadra che il suo talento può prendere per mano. Sulle ali, Alonso da una parte e Tello dall’altra ci provano, ma presto la futilità di ciò viene a noia anche a loro, e sprofondano nel mortorio generale.
A proposito di frustrazione, chissà cosa passa per la testa di Davide Astori, chissà se gli bolle dentro un’altra sfuriata come quella di Empoli. Gonzalo invece farebbe volentieri a testate con qualche energumeno dei suoi dirimpettai (ma la serie A a sedici squadre proprio ci faceva schifo? Questo Chievo a tratti è veramente imbarazzante), ma si trattiene visibilmente per non aggiungere ulteriori beffe ai danni di questo finale di stagione. Lo sguardo apprensivo di Tatarusanu, invece, dice più di mille parole. Ogni volta che il Chievo passa la metà campo (succede di rado, ma succede con una certa pericolosità), il portiere rumeno sembra il sopravvissuto ad un disastro ferroviario.
Ecco, Chievo-Fiorentina è tutta qui. Ci risparmiamo e vi risparmiamo la cronaca puntuale del nulla. Le considerazioni su questi giocatori, sul loro allenatore e soprattutto su chi paga loro lo stipendio le abbiamo fatte tante di quelle volte che preferiamo non ripeterle per non rischiare di diventare noiosi.

Mancano, grazie a Dio, soltanto due partite, una contro un Palermo alla disperazione, una a Roma contro una Lazio che per noi è una disperazione da sempre. Poi sarà finita, e la palla passerà a Radio mercato. O a Radio Lavandaia, se preferite. A giudicare dalle dichiarazioni della società e dai rumors della stampa specializzata, le due emittenti sembrano più che mai coincidere.

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