lunedì 16 maggio 2016

Sul campo per noi sono tre

Dieci giorni per racchiudere in sintesi tutta la storia della Fiorentina. Dieci giorni che ne hanno cambiato la storia.
6 maggio, sessantesimo anniversario del primo scudetto di Befani, Bernardini, Julinho & c. 11 maggio, quarantasettesimo anniversario del secondo scudetto di Baglini, Pesaola, De Sisti, Amarildo, Chiarugi & c. Poi ci sarebbe anche un 16 maggio, anche questo un anniversario, sono passati trentaquattro anni, ma molti forse non ricordano volentieri da cosa. Potevano essere almeno tre.
1981-82. Tredici anni esatti dall’ultimo scudetto, tanti quanti ne erano passati tra il 56 e il 69. La cabala diceva Fiorentina, il gioco anche. La fortuna e gli arbitri un po’ meno. A metà del girone di andata, il tragico scontro di Giancarlo Antognoni con il ginocchio volante del portiere del Genoa Martina incrinò speranze e certezze dei tifosi viola. Ma la squadra assorbì il colpo e continuò a volare.
Fece partita uguale con la Juve a Torino, e arrivò al titolo d’inverno con un leggero vantaggio, che poteva essere anche maggiore non ci fosse stata la farsa della partita con l’Ascoli sospesa (con i viola in vantaggio) perché pioveva troppo. Oppure altre decisioni discutibili (mai troppo eclatanti, ma ben disseminate tra le varie partite) che gli arbitri adottavano contro i viola.
Al match di ritorno, a Firenze, ormai era un testa a testa alla pari tra noi e la Juve. Finì zero a zero, e la parità perdurò fino all’ultima giornata. Noi andavamo a Cagliari, loro a Catanzaro. Era il 16 maggio 1982. Una giornata che nessuno di noi, almeno nell’inconscio, dimenticherà finché campa. Orgogliosi della nostra squadra, sicuri che almeno lo spareggio nessuno poteva ormai negarcelo. Forse un po’ contratti i giocatori in campo al cospetto di un Cagliari che doveva salvarsi. Forse un po’ ingenui a non pensare, nessuno di noi, che la Juve avrebbe smosso il mondo per attaccarsi sulla maglia la seconda stella. E la Federcalcio, che vedeva di mal’occhio lo spareggio a causa degli imminenti Mondiali di Spagna, si lasciò smuovere.
All’inizio della ripresa venne annullata ad un attonito Ciccio Graziani, senza spiegazioni plausibili, la rete che poteva consegnare lo scudetto a Firenze. Sul fronte opposto, a Catanzaro, al 30' del secondo tempo venne concesso un rigore di quelli che si possono dare o non dare alla Juventus, che permise ai bianconeri di andare avanti di un punto.
Al fischio finale, Firenze si ritrovò dapprima piegata in due da un dolore insopportabile. Poi, come un sol uomo, lanciò il grido che da allora risuona da queste parti ogni volta che si parla della odiata Juventus: Meglio secondi che ladri!
Odiata, sì. Era finita un epoca storica e ne era appena cominciata un’altra. Per la Juventus a Firenze era finita la stagione dell’antipatia. Era cominciata quella dell’odio mortale.

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