giovedì 21 aprile 2016

Non si uccidono così anche i tifosi?



Lo fa apposta. Questo non è turnover, ma – da diverse partite a questa parte – un facite a muìna in cui nessuno ci capisce più niente. Gli schemi sono saltati da tempo, le posizioni in campo sono diventate approssimative. Quando un allenatore fa così, di solito, o è gravemente stressato, o è gravemente incapace, oppure – cosa più probabile conoscendo i polli che ormai girano a bizzeffe nel mondo del calcio -  vuole farsi dire di restare comodamente a casa, ma con regolare stipendio, dai suoi datori di lavoro.
Se lo meritano. I suoi datori di lavoro, intendiamo. Una società di calcio di vertice non si gestisce in questo modo, lo diciamo da mesi. Se per qualunque motivo ti sei stancato del giocattolo, lo dichiari e passi la mano. Se invece vuoi andare avanti e addirittura ti sbilanci a confermare un allenatore con cui sei un separato in casa da mesi, che ti sbeffeggia pubblicamente (a torto o a ragione) da tutto il girone di ritorno mettendo in risalto la pochezza dei tuoi acquisti sul mercato e le tue carenze gestionali, questo è soltanto buttare via i soldi – e fin qui il problema è tuo, visto che ce li metti tu – ed anche un patrimonio comune di tradizione sportiva, aspirazioni legittime, passione. E qui il problema è di tutti, perché la Fiorentina non è soltanto quel titolo sportivo che il sindaco Domenici ti ha servito su un piatto d’argento in un’estate di tanti anni fa. E’ molto di più, e se non l’hai capito, a questo punto non lo capirai mai.
In tribuna a Udine c’è di presidio Cognigni, probabilmente perché ha subodorato qualcosa. I capi si aspettavano una pubblica accettazione della conferma da parte di un Paulo Sousa che invece nicchia, e dimostra ben poco entusiasmo. Quando annuncia poi la formazione che scende in campo al Dacia Arena, già Stadio Friuli, ci sarebbero gli estremi per il licenziamento in tronco. Ma anche per una rivolta di piazza contro una società che ormai si dimostra inadeguata perfino quando fa beneficienza.
Che il turnover di Sousa sia suicida ci pensa l’ennesimo Zapata schierato dai bianconeri friulani negli ultimi anni. Il colombiano, non è passato che appena un minuto di gioco dopo il calcio d’inizio battuto dai viola e subito trasformato in corner a sfavore, salta il doppio di Gonzalo Rodriguez, peraltro l’unico difensore che si aggiri dalle sue parti perché di Roncaglia e Tomovic non c’è neanche l’ombra. E deposita alle spalle di un Tatarusanu saldamente attestato tra i pali il vantaggio dei padroni di casa. Che di quel vantaggio hanno bisogno come dell’aria che respirano, essendo ancora a ridosso della zona retrocessione.
La Fiorentina avrebbe bisogno invece di una serata di relax, in vista della madre di tutte le partite che l’aspetta domenica. Al Franchi arriveranno ben altri bianconeri, quelli che si apprestano a festeggiare il quinto scudetto consecutivo e che pagherebbero oro pur di poterlo fare sul prato di casa dei più acerrimi rivali che abbiano in Italia. Ma questo è un problema di là da venire, anche se all’apparenza enorme per una squadra che nelle ultime uscite ha dimostrato poca testa e gambe molli.
Stasera invece servirebbero bel gioco e punti. Perché il Milan sarà anche ormai concentrato su una finale di Coppa Italia che comunque vada dovrebbe ammetterlo all’Europa League, ma insomma poter riagganciare ed eventualmente superare la Fiorentina a cui sta dietro fin dalla prima giornata darebbe un altro senso alla stagione dei ragazzi di Brocchi.
La Juventus, insomma, per ora è una questione accademica. L’Udinese  affamata di punti salvezza invece è una questione immediata, reale. Il turnover deciso da Sousa appare fin da subito, con la sottolineatura di Zapata, un tagliarsi gli attributi per far dispetto alla moglie, nel migliore dei casi. Oppure una scelta scellerata. In particolare quella di lasciare fuori il pilastro della difesa centrale Davide Astori, l’unico che potrebbe giocarsela alla pari sul piano fisico con i marcantoni friulani.
Radio Spogliatoio parla di notevole litigata al termine della partita di Empoli tra il centrale viola ed il suo tecnico. Un qualcosa di simile alla querelle Totti – Spalletti che sta deliziando la capitale sulla sponda giallorossa, rischiando di compromettere una qualificazione alla Champion’s che ormai sembrava alla portata dei capitolini. Qui a compromettere una stagione che era partita sorprendentemente in tromba c’è un po’ l’imbarazzo della scelta. Ognuno trovi il colpevole che preferisce: proprietari inadatti al mondo del calcio, dirigenti e manager da Borgorosso Football Club, allenatore portoghese a questo punto nel senso classico della parola, giocatori a cui bisognerebbe rinnovare il vecchio abbonamento alla Guarda-Viale-Dei-Mille.
Ieri sera ai colpevoli si è aggiunto anche un Bernardeschi che non sta vivendo il momento migliore della stagione, ma che pur confermando di essere quasi l’unico cavallo di razza in mezzo ad una mandria di ciuchi bolsi si è attirato le maledizioni di parte della tifoseria per qualche sbavatura che è costata dapprima il vantaggio viola (mancato) e poi quello bianconero (realizzato). Al talento di Carrara però evidentemente tanti fiorentini non perdonano di aver fatto vedere le cose migliori in Nazionale. L’azzurro in tante zone di Firenze è tutt’ora come il rosso in Plaza de Toros.
La Fiorentina mal messa in campo da Sousa, con Blaszczykowski a fare non si sa bene cosa al posto di Borja, Ilicic e quant’altri, con il Duo Fasano Tomovic – Roncaglia a non beccarne una dietro, il Berna fuori posto come al solito, Zarate da solo come un cane all’ attacco in mezzo ad una difesa bianconera che sembrava il pacchetto di mischia di una squadra di rugby, quella Fiorentina dicevamo gioca i soliti venti minuti o poco più. Ma stavolta li distribuisce nella fase finale del primo tempo. All’inizio l’Udinese fa temere una Caporetto, passando subito ed aggredendo i viola con un pressing furibondo. Poi i padroni di casa si fanno prendere dall’apprensione per una classifica poco rassicurante e cedono terreno, lasciandolo ad una Fiorentina che non chiede di meglio che riprendere il suo consueto, ormai esangue tiki taka.
Avendo in attacco l’unico altro cavallo di razza del mazzo, Mauro Zarate, la squadra viola riesce a riagguantare il risultato con una prodezza individuale del suddetto. L’argentino sa giocare a pallone, e dimostra che il problema viola da gennaio a questa parte non è stato certo il suo ritardo di condizione. La seconda metà del primo tempo scorre meno in salita per la sua  squadra, che se da un lato recrimina per l’indecisione del suo numero 10 sotto porta, dall’altro va negli spogliatoi con nelle orecchie la vibrazione della traversa sotto i colpi di Badu e Thereau.
Le squadre affrontano la ripresa come un lapsus freudiano. L’Udinese cerca di ritrovare il coraggio perduto nelle maglie di una classifica avversa, la Fiorentina vorrebbe tanto poter tornare ai bei tempi in cui faceva accademia fregandosene di tutto e di tutti, dal risultato di giornata al piazzamento di campionato, il tutto affogato nel milione di passaggi laterali a partita lasciato in eredità da Montella a Paulo Sousa.
Alla fine, dice bene a chi ha più cuore, testa, gamba. I friulani arrivano primi su quasi tutti i contrasti. Quando serve, picchiano anzi che no, con in qualche caso eccessiva compiacenza da parte dell’arbitro Massa. Ma insomma, fanno la partita. Ed al 7’ vengono premiati. Bernardeschi perde sì una palla a centrocampo, ma invece di fulminarlo con uno sguardo omicida il suo allenatore oggi poteva imbastirgli intorno una squadra che non fosse una banda di morti viventi come quella di stasera. Badu verticalizza invece per Vidmer, che va sul fondo a destra e mette in mezzo. Sul traversone basso si avventa Thereau che, non essendo marcato da chicchessia viola, ha il tempo di aggiustare passo e tiro al volo. Tatarusanu che raccoglie il pallone in fondo alla rete è il primo viola che la tocca dopo l’errore di Bernardeschi. Tra i due tocchi, il nulla.
Trovato il capro espiatorio, Sousa lo giustizia subito mettendo il morto Kalinic al posto del semi-vivo Bernardeschi. Borja entra per Vecino che si è appena strappato (con relativo centrocampo da inventare domenica al cospetto del più forte centrocampo d’Italia). Ilicic finisce per rilevare Tello, che non avrà fatto tanto ma che almeno la fascia ogni tanto l’ha animata. Finisce con la sterile accademia viola. Con Borja e Ilicic che tentano qualche numero dei loro, chiudendo l’Udinese in difesa. L’unico brivido lo causa una punizione dello sloveno, che esce di un soffio e dà a tutti l’occasione per assistere ad un corso accelerato di turpiloquio balcanico.
Delle recriminazioni viola nei confronti dell’arbitro non parliamo per scelta consapevole. Se c’è qualcuno su cui recriminare, è una proprietà che francamente ha stancato con i suoi inutili e mal recitati proclami e con i fatti che non seguono mai ai discorsi. Così come ha stancato un allenatore che sta aggiungendo del suo allo sconquasso gigliato del girone di ritorno, gestendo la sua polemica a distanza con chi gli paga lo stipendio sulla pelle dei tifosi che l’hanno finora difeso e osannato. Dei giocatori non parliamo, sono stanchi, danno quello che hanno e se hanno in qualche modo mollato la colpa è come sempre di chi doveva tenerli sulla corda fino in fondo. Del manico, a tutti i livelli societari.
Stasera il Milan può andare a – 4. Domenica la Juve può fare festa nello stadio di Firenze. Il campionato non è ancora finito. La pazienza sì.

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