Lo fa apposta. Questo non è
turnover, ma – da diverse partite a questa parte – un facite a muìna in cui
nessuno ci capisce più niente. Gli schemi sono saltati da tempo, le posizioni
in campo sono diventate approssimative. Quando un allenatore fa così, di
solito, o è gravemente stressato, o è gravemente incapace, oppure – cosa più
probabile conoscendo i polli che ormai girano a bizzeffe nel mondo del calcio
- vuole farsi dire di restare
comodamente a casa, ma con regolare stipendio, dai suoi datori di lavoro.
Se lo meritano. I suoi datori di
lavoro, intendiamo. Una società di calcio di vertice non si gestisce in questo
modo, lo diciamo da mesi. Se per qualunque motivo ti sei stancato del
giocattolo, lo dichiari e passi la mano. Se invece vuoi andare avanti e
addirittura ti sbilanci a confermare un allenatore con cui sei un separato in
casa da mesi, che ti sbeffeggia pubblicamente (a torto o a ragione) da tutto il
girone di ritorno mettendo in risalto la pochezza dei tuoi acquisti sul mercato
e le tue carenze gestionali, questo è soltanto buttare via i soldi – e fin qui
il problema è tuo, visto che ce li metti tu – ed anche un patrimonio comune di
tradizione sportiva, aspirazioni legittime, passione. E qui il problema è di
tutti, perché la Fiorentina non è soltanto quel titolo sportivo che il sindaco
Domenici ti ha servito su un piatto d’argento in un’estate di tanti anni fa. E’
molto di più, e se non l’hai capito, a questo punto non lo capirai mai.
In tribuna a Udine c’è di
presidio Cognigni, probabilmente perché ha subodorato qualcosa. I capi si
aspettavano una pubblica accettazione della conferma da parte di un Paulo Sousa
che invece nicchia, e dimostra ben poco entusiasmo. Quando annuncia poi la
formazione che scende in campo al Dacia Arena, già Stadio Friuli, ci sarebbero
gli estremi per il licenziamento in tronco. Ma anche per una rivolta di piazza
contro una società che ormai si dimostra inadeguata perfino quando fa
beneficienza.
Che il turnover di Sousa sia
suicida ci pensa l’ennesimo Zapata schierato dai bianconeri friulani negli
ultimi anni. Il colombiano, non è passato che appena un minuto di gioco dopo il
calcio d’inizio battuto dai viola e subito trasformato in corner a sfavore,
salta il doppio di Gonzalo Rodriguez, peraltro l’unico difensore che si aggiri
dalle sue parti perché di Roncaglia e Tomovic non c’è neanche l’ombra. E
deposita alle spalle di un Tatarusanu saldamente attestato tra i pali il
vantaggio dei padroni di casa. Che di quel vantaggio hanno bisogno come dell’aria
che respirano, essendo ancora a ridosso della zona retrocessione.
La Fiorentina avrebbe bisogno
invece di una serata di relax, in vista della madre di tutte le partite che l’aspetta
domenica. Al Franchi arriveranno ben altri bianconeri, quelli che si apprestano
a festeggiare il quinto scudetto consecutivo e che pagherebbero oro pur di
poterlo fare sul prato di casa dei più acerrimi rivali che abbiano in Italia. Ma
questo è un problema di là da venire, anche se all’apparenza enorme per una
squadra che nelle ultime uscite ha dimostrato poca testa e gambe molli.
Stasera invece servirebbero bel
gioco e punti. Perché il Milan sarà anche ormai concentrato su una finale di
Coppa Italia che comunque vada dovrebbe ammetterlo all’Europa League, ma
insomma poter riagganciare ed eventualmente superare la Fiorentina a cui sta
dietro fin dalla prima giornata darebbe un altro senso alla stagione dei
ragazzi di Brocchi.
La Juventus, insomma, per ora è
una questione accademica. L’Udinese
affamata di punti salvezza invece è una questione immediata, reale. Il
turnover deciso da Sousa appare fin da subito, con la sottolineatura di Zapata,
un tagliarsi gli attributi per far dispetto alla moglie, nel migliore dei casi.
Oppure una scelta scellerata. In particolare quella di lasciare fuori il
pilastro della difesa centrale Davide Astori, l’unico che potrebbe giocarsela
alla pari sul piano fisico con i marcantoni friulani.
Radio Spogliatoio parla di notevole
litigata al termine della partita di Empoli tra il centrale viola ed il suo
tecnico. Un qualcosa di simile alla querelle Totti – Spalletti che sta
deliziando la capitale sulla sponda giallorossa, rischiando di compromettere
una qualificazione alla Champion’s che ormai sembrava alla portata dei
capitolini. Qui a compromettere una stagione che era partita sorprendentemente
in tromba c’è un po’ l’imbarazzo della scelta. Ognuno trovi il colpevole che
preferisce: proprietari inadatti al mondo del calcio, dirigenti e manager da
Borgorosso Football Club, allenatore portoghese a questo punto nel senso
classico della parola, giocatori a cui bisognerebbe rinnovare il vecchio
abbonamento alla Guarda-Viale-Dei-Mille.
Ieri sera ai colpevoli si è
aggiunto anche un Bernardeschi che non sta vivendo il momento migliore della
stagione, ma che pur confermando di essere quasi l’unico cavallo di razza in
mezzo ad una mandria di ciuchi bolsi si è attirato le maledizioni di parte
della tifoseria per qualche sbavatura che è costata dapprima il vantaggio viola
(mancato) e poi quello bianconero (realizzato). Al talento di Carrara però evidentemente
tanti fiorentini non perdonano di aver fatto vedere le cose migliori in Nazionale.
L’azzurro in tante zone di Firenze è tutt’ora come il rosso in Plaza de Toros.
La Fiorentina mal messa in campo
da Sousa, con Blaszczykowski a fare non si sa bene cosa al posto di Borja,
Ilicic e quant’altri, con il Duo Fasano Tomovic – Roncaglia a non beccarne una
dietro, il Berna fuori posto come al solito, Zarate da solo come un cane all’
attacco in mezzo ad una difesa bianconera che sembrava il pacchetto di mischia
di una squadra di rugby, quella Fiorentina dicevamo gioca i soliti venti minuti
o poco più. Ma stavolta li distribuisce nella fase finale del primo tempo. All’inizio
l’Udinese fa temere una Caporetto, passando subito ed aggredendo i viola con un
pressing furibondo. Poi i padroni di casa si fanno prendere dall’apprensione
per una classifica poco rassicurante e cedono terreno, lasciandolo ad una
Fiorentina che non chiede di meglio che riprendere il suo consueto, ormai
esangue tiki taka.
Avendo in attacco l’unico altro
cavallo di razza del mazzo, Mauro Zarate, la squadra viola riesce a
riagguantare il risultato con una prodezza individuale del suddetto. L’argentino
sa giocare a pallone, e dimostra che il problema viola da gennaio a questa
parte non è stato certo il suo ritardo di condizione. La seconda metà del primo
tempo scorre meno in salita per la sua
squadra, che se da un lato recrimina per l’indecisione del suo numero 10
sotto porta, dall’altro va negli spogliatoi con nelle orecchie la vibrazione
della traversa sotto i colpi di Badu e Thereau.
Le squadre affrontano la ripresa
come un lapsus freudiano. L’Udinese cerca di ritrovare il coraggio perduto
nelle maglie di una classifica avversa, la Fiorentina vorrebbe tanto poter
tornare ai bei tempi in cui faceva accademia fregandosene di tutto e di tutti,
dal risultato di giornata al piazzamento di campionato, il tutto affogato nel
milione di passaggi laterali a partita lasciato in eredità da Montella a Paulo
Sousa.
Alla fine, dice bene a chi ha più
cuore, testa, gamba. I friulani arrivano primi su quasi tutti i contrasti. Quando
serve, picchiano anzi che no, con in qualche caso eccessiva compiacenza da
parte dell’arbitro Massa. Ma insomma, fanno la partita. Ed al 7’ vengono premiati.
Bernardeschi perde sì una palla a centrocampo, ma invece di fulminarlo con uno
sguardo omicida il suo allenatore oggi poteva imbastirgli intorno una squadra
che non fosse una banda di morti viventi come quella di stasera. Badu
verticalizza invece per Vidmer, che va sul fondo a destra e mette in mezzo. Sul
traversone basso si avventa Thereau che, non essendo marcato da chicchessia
viola, ha il tempo di aggiustare passo e tiro al volo. Tatarusanu che raccoglie
il pallone in fondo alla rete è il primo viola che la tocca dopo l’errore di Bernardeschi.
Tra i due tocchi, il nulla.
Trovato il capro espiatorio,
Sousa lo giustizia subito mettendo il morto Kalinic al posto del semi-vivo Bernardeschi.
Borja entra per Vecino che si è appena strappato (con relativo centrocampo da
inventare domenica al cospetto del più forte centrocampo d’Italia). Ilicic
finisce per rilevare Tello, che non avrà fatto tanto ma che almeno la fascia
ogni tanto l’ha animata. Finisce con la sterile accademia viola. Con Borja e
Ilicic che tentano qualche numero dei loro, chiudendo l’Udinese in difesa. L’unico
brivido lo causa una punizione dello sloveno, che esce di un soffio e dà a
tutti l’occasione per assistere ad un corso accelerato di turpiloquio
balcanico.
Delle recriminazioni viola nei
confronti dell’arbitro non parliamo per scelta consapevole. Se c’è qualcuno su
cui recriminare, è una proprietà che francamente ha stancato con i suoi inutili
e mal recitati proclami e con i fatti che non seguono mai ai discorsi. Così come
ha stancato un allenatore che sta aggiungendo del suo allo sconquasso gigliato
del girone di ritorno, gestendo la sua polemica a distanza con chi gli paga lo
stipendio sulla pelle dei tifosi che l’hanno finora difeso e osannato. Dei giocatori
non parliamo, sono stanchi, danno quello che hanno e se hanno in qualche modo
mollato la colpa è come sempre di chi doveva tenerli sulla corda fino in fondo.
Del manico, a tutti i livelli societari.
Stasera il Milan può andare a –
4. Domenica la Juve può fare festa nello stadio di Firenze. Il campionato non è
ancora finito. La pazienza sì.
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