domenica 10 aprile 2016

Naufragio viola

Da Capo Trafalgar al Mar Glaciale Artico, dalla Victory dell’Ammiraglio Nelson al Titanic su cui l’orchestra continua a suonare spensierata mentre la nave affonda, nel giro di due soli mesi. La barca viola imbarca sempre più acqua, ed è prossima ad inabissarsi. Soltanto due mesi fa sfidava orgogliosa la corrazzata inglese in Europa League, adesso esce malconcia dal derby sull’uscio di casa.
Poco importa che a differenza di un Titanic o di una Costa Concordia il suo capitano resti fiero al timone (almeno fino a metà maggio, e al netto di tutte le cene che gli vengono attribuite a giro per Firenze), prendendosi colpe proprie ed altrui senza nascondere la faccia. Tre punti nelle ultime quattro partite sono una media da retrocessione. Il match di andata fu un brusco risveglio per una Fiorentina che si stava abituando ad essere capolista. Quello di ritorno è l’amara conferma che la Fiorentina più vicina al vero non era quella. Certo non osiamo pensare nemmeno che sia questa qui.
Semplicemente, le risorse tecniche di questa squadra sono consunte, le idee e forse anche le motivazioni del suo allenatore sono agli sgoccioli, una società degna di questo nome dietro le spalle di chi va in campo non c’è più. E se ci si mettono anche i tifosi, allora la frutta è servita, si aspettano solo caffè, ammazzacaffé e conto. Salatissimo, probabilmente.
Dopo una settimana passata a rendersi odioso anche nei confronti di chi già è abbastanza maldisposto nei suoi confronti per motivi storici che non stiamo qui a discutere, l’universo viola si scaraventa su Empoli con propositi bellicosi. Non è più tempo di trasferte in motorino, di esodi comunque di massa dalla “metropoli” verso la “provincia”. Non è più tempo di battute su stadi acquistati all’IKEA, né di facili vittorie. La provincia non batte la città metropolitana da quasi vent’anni, e ha voglia di interrompere la serie dopo esserci andata vicino all’andata. Il Castellani, i cui prezzi non hanno nulla da invidiare nel bene e nel male a quelli del resto della serie A malgrado le proteste della torcida viola, ribolle di aspettativa.
Anche Firenze ribolle di aspettativa. L’Inter è passata avanti riuscendo là dove era fallita la Fiorentina nella precedente trasferta. Ha sbancato Frosinone, adesso i viola devono fare altrettanto ad Empoli per tenere vivo un quarto posto che serve come le parole dello staff dirigenziale societario ad inquadrare il momento di società e squadra: a niente.
La squadra tuttavia sembra essersi scossa dal torpore pre-vacanziero che l’ha avvinta da quando la Roma l’ha ricondotta alla realtà della propria dimensione ed a quella degli investimenti dei suoi proprietari. Per cinque minuti il Castellani sembra un Fort Apache sotto l’assedio viola, per altri venti – calato inevitabilmente il fiato residuo di una preparazione ormai lontana – la Fiorentina impensierisce l’Empoli. In questa prima fase si notano un Bernardeschi la cui voglia equilibra il talento, come spesso quest’anno, ed un Ilicic che sembra desideroso di ritrovarsi ai livelli della prima parte di stagione. Sono loro due a far tremare Pelagotti & C., provandoci o imbeccando compagni meno ispirati come il Borja Valero di oggi (a cui è pesata evidentemente la fascia di sindaco messagli sulle spalle da un Nardella pre-elettorale) o il Tello che si sta rapidamente uniformando alla pochezza viola attuale.
Mentre Kalinic conferma la necessità di valutare attentamente le offerte che secondo Radiomercato stanno arrivando all’ACF Fiorentina, ribadendo uno zero complessivo sul proprio score personale che a questo punto non può più essere episodico, Ilicic tenta di tenere viva la patria con un gran gol al volo di sinistro che però nasce da netto fuorigioco e con una punizione da lontanissimo che Pelagotti trattiene con qualche difficoltà. Bernardeschi svaria e imposta, gli altri fanno gran confusione.
Non si fa a tempo a dire che c’è un gran buco nel mezzo del campo, se solo l’Empoli indovina la ripartenza giusta, che l’Empoli la indovina. Facundo Roncaglia rinvia di testa a perpendicolo per l’accorrente Pucciarelli, che con una sterzata degna di El Shaarawy si beve Gonzalo (scivolato) e fulmina un Tatarusanu che ha esaurito i miracoli. Ancora Ilicic impegna Pelagotti nel tentativo di non rimandare la propria squadra negli spogliatoi avvolta nelle tenebre, ma niente da fare.
Tenebre viola, sempre più fitte. L’Ammiraglio Sousa è il primo a farsi abbindolare dalla nebbia da cui ogni tanto spunta qualche strafalcione dei suoi, come le occasioni mancate da Tello e da Ilicic, e i pericoli scampati di rimessa, come quello costituito da un Saponara che praticamente sbaglia un calcio di rigore. Il vecchio Maccarone è una spina nel fianco come il giovane Pucciarelli, ma lì Sousa nulla può. I difensori di ruolo, almeno quelli degni di tal nome, due erano e due restano, e francamente appaiono un po’ provati.
Si potrebbe fare qualcosa davanti, Zarate scalpita in panchina, ma a vedere il quarto uomo sollevare il numero 10 per lasciargli il posto cascano le braccia. Se nel marasma di questa Fiorentina deve uscire Bernardeschi, allora questo campionato non finirà mai troppo presto. Tanto più che lo Zarate all’opera oggi sembra qualcuno che ha subito un intervento per la protesi dell’anca, si gira su se stesso con una macchinosità che gli era sconosciuta ed esala tiri verso la porta empolese che sembrano ultimi respiri.
L’arbitro Damato dirige senza infamia e senza lode, è una partita tutto sommato facile, che oppone rudi padroni di casa decisi a portare in fondo l’insperato vantaggio e leziosi ospiti che credono che basti ancora la vecchia accademia per avere ragione di avversari che corrono di più, lottano di più. Ci credono di più.
Al ’22 il fischietto pugliese deve annullare un gran gol di Kalinic in contropiede. Salverebbe la giornata viola e quella del croato, ma a rivedere le immagini rallentate, Kalinic è in fuorigioco mezz’ora prima che gli arrivi il passaggio. Non c’è niente che oggi possa salvare la sua prestazione, né questa Fiorentina.
Kalinic sbaglierà ancora, mentre la barca affonda. Fa il suo esordio Kone al posto di Ilicic e torna alla ribalta – si fa per dire – Kuba al posto di Roncaglia. Ormai la nave imbarca acqua da tutte le parti e tutti gli uomini validi, o presunti tali, sono spediti ai secchi. Non importa che siano marinai o mozzi, rematori o fucilieri. E’ un facite a muìna in cui termina mestamente il campionato di una Fiorentina che era sembrata all’inizio ben altra cosa.
Finché, dopo l’ultima ciabattata del sindaco pro tempore Borja Valero, se ne va di nuovo l’Empoli, ancora Pucciarelli impegna Tatarusanu che respinge corto, giusto sui piedi di uno Zielinsky implacabile come il destino.

Fa festa il Castellani, travolto dalla gioia come non gli succedeva dal 1997. Da parte viola c’era Batistuta, da quella azzurra forse c’era già Maccarone. Scherzi a parte, chi ha speso i soldi del biglietto da parte empolese si è divertito, e giustamente. Chi è venuto dalla metropoli un po’ meno, e sicuramente nel ripercorrere la Firenze-Pisa-Livorno a ritroso si starà domandando che senso ha giocare un campionato così. O forse addirittura che senso ha gestire una proprietà così.


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