lunedì 25 aprile 2016

La Juventus festeggia lo scudetto al Franchi

Il calcio è un gioco che si pratica in undici contro undici, e alla fine vince la Juventus. L’aforisma è di Gary Lineker, il celebre attaccante della nazionale inglese degli anni 80, che per la verità l’aveva coniato a proposito della Germania. Ai suoi tempi infatti, i bianchi d’Inghilterra soccombevano regolarmente di fronte a quelli tedeschi, comunque fosse andata la partita. Ma al punto in cui stanno le cose, può essere tranquillamente riadattato al campionato italiano, e soprattutto a quella che una volta a Firenze veniva definita la madre di tutte le partite.
La Juventus vince al Franchi la ventiquattresima partita su venticinque e mette le mani sul quinto scudetto consecutivo. La Fiorentina, alla fine dei salmi, esce dal campo con la consapevolezza di essere stata qualcosa più che uno sparring partner di lusso. Ma, il calcio è un gioco che se non la butti dentro tutto il resto non ha senso, aggiungiamo a corollario del teorema di Lineker. E con la Juventus di questi tempi gli sbagli si pagano a carissimo prezzo.
Esistono vari modi per soccombere alla Juve che trita il campionato da cinque anni a questa parte come fosse un cumulo di sassi. C’è la modalità “notte della vergogna”, scendo in campo con la gamba molle e la testa altrove come il 17 febbraio 2012 e ne prendo cinque contro zero. C’è la modalità “vittoria morale ai punti”, faccio un partitone d’assedio per novanta minuti con la Juve ridotta al catenaccio come il 25 settembre sempre 2012, ma non la butto dentro nemmeno a piangere e alla fine lo 0-0 è come avere perso. C’è la modalità “non ci provo nemmeno” come l’anno scorso, 0-0 anche in quel caso ma non giocato, squadre bloccate indietro e guai a chi tira in porta, o come l’altro 0-0 dell’anno di Sinisa Mihajlovic.
Poi c’è la modalità preferita, “gioco bene (anche perché altrimenti la gente mi assedia nello stadio fino alle tre di notte come ai vecchi tempi) ma non la butto dentro nemmeno su rigore e prima o poi faccio la sciocchezza che regala i tre punti alla Juve”. Andò così il primo anno di Prandelli, rischiò di andare così perfino il 20 ottobre 2013, se non fosse intervenuto San Giuseppe (Rossi) altro che 4-2 storico. E’ il modello scelto anche quest’anno, collezione autunno-inverno 2015-16.
La Fiorentina esce dal campo mentre i bianconeri festeggiano lo scampato pericolo e virtualmente anche il trentaduesimo scudetto (o trentaquattresimo sul campo, come direbbe Andrea Agnelli che se la ride sotto baffi e barba in tribuna). Rideva anche Andrea Della valle, ad un certo punto. Chissà, forse per la constatazione di aver trasformato finalmente questo Fiorentina – Juventus in una partita normale come lui sognava, e nulla più. Il che non è detto che a gioco lungo non si risolva in un bene (soprattutto con giocatori più efficaci e con la società in altre mani). Per adesso, la constatazione reale è che questa è diventata una di quelle partite che normalmente la Fiorentina butta via. Dopodiché, stagione finita, tutti al mare e arrivederci all’anno prossimo.
Gioca bene peraltro la squadra viola, tecnicamente meglio dei plurititolati avversari. I bianconeri quest’anno, rispetto al recente passato, badano più al sodo. Il possesso palla, che è un po’ come la percentuale dei votanti alle elezioni, dice 62 Fiorentina, 38 Juventus. I tiri, tra specchio della porta e fuori, dicono 21 a 6. Il risultato invece dice 2-1 per gli ospiti, che di quei sei tiri ne mettono almeno due alle spalle di Tatarusanu, che non si fanno trovare mai disattenti, in sottonumero, in surplace o a pensare a chissà diavolo cosa, tranne che nell’occasione che costa loro il momentaneo, infinitesimale pareggio. Anche i Bonucci sbagliano, sarebbe un ottimo titolo da sceneggiato.
Stasera non sbaglia Sousa, volente o nolente. La posta in gioco è troppo alta, la gente viola non perdona scherzi contro la Juventus. Va in campo chi può dare il meglio, in questo scorcio finale di stagione senza quasi ricambi, e va nella zona del campo dove rende meglio. Così, fine delle polemiche contro Astori, che ritorna a fianco di Gonzalo. Alonso a sinistra, Tello a destra e Bernardeschi nel mezzo. Ilicic tra il centrocampo superstite di Borja e Badelj e un Kalinic che si spera sulla via della resurrezione. C’è poco altro da inventarsi a questo punto, questo passa il convento, questo deve andare contro lo Schiacciasassi campione d’Italia.
Per buona parte del primo tempo i sassi li schiaccerebbe la Fiorentina, se avesse una punta più affilata, un po’ più di fortuna ed una arbitraggio più attento. Il paradosso è che oggi il sig. Paolo Tagliavento della sezione di Terni, ritenuto solitamente un direttore di gara con un occhio di riguardo per le zebre, oggi non arbitra complessivamente affatto male, beccandosi al termine le critiche proprio delle zebre stesse. Unico errore, per quanto clamoroso, è l’annullamento del gol di Bernardeschi al ’20. Il replay mostra il numero 10 viola tenuto in gioco da Barzagli sulla destra in un modo assolutamente visibile sia all’arbitro che al guardalinee. Non è dato sapere che partita avremmo visto con i viola in vantaggio. Ma il tempo per andarci lo stesso comunque ci sarebbe, e nel prosieguo di Tagliavento non ci sarà da lamentarsi affatto.
Il giovane Federico è il primo a non deprimersi. Anzi, oggi farà una gran partita, una di quelle che ha dimostrato essere nelle sue corde. Il gioiellino viola rivaleggerà con quello bianconero Dybala per numeri e impatto sulla partita, sempre nel vivo dell’azione. Il gol annullatogli era tra l’altro un gran gol. Eccolo un minuto dopo di nuovo a tu per tu con Buffon, imbeccato da un Kalinic che oggi almeno riesce a fare il rifinitore. Barzagli gli devia il tiro quanto basta per indirizzarlo verso un clamoroso autogol, se il portiere della Nazionale non riuscisse a smorzarlo quanto basta con la punta della suola.
La Fiorentina arremba, la Juve aspetta tranquilla sulla propria tre quarti in attesa di colpire in contropiede. La partita di andata qualcosa le ha insegnato. Lascia il palcoscenico ai viola aspettando il momento in cui abbasseranno inevitabilmente ritmo e guardia. E il momento arriva al ’39. Dybala alza quasi a campanile per il testone di Pogba. Il francese, che quando cammina normalmente sembra avere problemi motori ma quando galoppa sul campo è uno spettacolo della natura, fa da torre ad occhi chiusi per il compagno che sa essere in arrivo a centro area. E’ Mario Mandzukic, lo stesso che ruppe l’equilibrio nel match di andata. Allora irrompendo di desto, oggi di sinistro al volo. Nell’occasione, l’altrimenti ottimo Gonzalo è segnalato a Chi l’ha visto.
Buonanotte Fiorentina? Il match prende la solita salita, in modalità “anche quest’anno è andata”. La Fiorentina però stasera è doverosamente motivata. Almeno fino all’area piccola. Tello, Bernardeschi, lo stesso Ilicic provano a sfondare in tutti i modi. Al ’43 sembra il momento buono, la Juve senza Chiellini non è impenetrabile. Alonso si trova su traversone da destra la palla comodamente sulla testa e mezza porta vuota. Il replay, su cui recrimineranno i viola, mostra un Rugani che trattiene l’ala sinistra spagnola della Fiorentina. Sta di fatto che è il primo gol che non è ammissibile sbagliare. Il secondo arriverà in finale di secondo tempo.
La ripresa ricomincia sulle stesse modalità. Ilicic si fa male subito calciando al volo dal limite dell’area. La svirgolata gli costa l’infortunio ed il cambio con Mauro Zarate. L’argentino sembra fatto apposta per questa partita, ma la Juventus è un muro che si compatta sempre più. E che quando scende in contropiede fa paura, come in un paio di occasioni mangiate da Pogba.
Mentre Zarate cerca di ricambiare cortesia e brividi a Buffon, Sousa opera il secondo cambio, fuori Tello per Mati Fernandez, Bernardeschi a destra. Il peso specifico della squadra ne risente prontamente, e in peggio, ma ormai si gioca sui nervi. Il Berna viene trattenuto dal coetaneo Rugani, Alonso sparacchia su Kalinic, ancora Alonso crossa per Nessuno, inteso come attuale centravanti di questa Fiorentina.
E’ il ’36, uno stadio e una città intera si preparano ormai all’ennesima delusione e quello che ne seguirà, quando Bonucci compie una delle rare sciocchezze della sua carriera traccheggiando un rinvio fino a farselo soffiare da Zarate. Palla a Kalinic, che finalmente si ricorda di chi era, e con freddezza pari alla giustezza mette in rete. Buffon può solo mandare a quel paese il compagno sventato.
1-1, palla al centro. La differenza reale tra Juventus e Fiorentina si palesa pochi istanti dopo. Tanto dura l‘equilibrio faticosamente riconquistato dai viola. Sulla ripresa del gioco, la Juve a testa bassa si butta in avanti, pochi istanti dopo è a battere il calcio d’angolo, pochi istanti ancora ed è tornata in vantaggio. Sul corner, succede che Borja si perde Evra che ha il tempo di sparare nel mucchio. Il rimpallo sarà anche sfortunato per la Fiorentina, ma ben quattro dei suoi uomini ignorano completamente Morata (entrato al posto di Dybala poco prima) preferendo marcare a zona Tatarusanu. Lo spagnolo ha la porta spalancata e diversamente dal connazionale Alonso non sbaglia.
E’ finita? Macché. Allegri si permette il lusso di ripresentare Juan Cuadrado al suo vecchio pubblico. Il probabile sberleffo al Franchi si trasforma in un boomerang per la Juve. Al ’44 il colombiano si trova a marcare il redivivo Kalinic sulla sinistra. Il croato lo salta secco ed il colombiano lo stende. O così pare. Il replay mostra Kalinic cadere sulla riga, quindi dentro l’area. Il dubbio concerne quanto sia stata fallosa la spinta di Cuadrado e quanto accentuata da Kalinic. Di Tagliavento in ogni caso non ci si può lamentare stasera. Di Kalinic invece sì. La telefonata dal dischetto a Buffon è una delle cose peggiori viste a Firenze, e su di essa può chiudersi ignominiosamente la breve stagione in viola di un attaccante dalle tante promesse non mantenute.
E’ finita? C’è tempo ancora al ’49 per l’ultimo sigillo, sempre di Kalinic, sulla madre di tutte le partite sciagurate. Il croato salta su un traversone trovandosi praticamente sulla linea della porta bianconera sguarnita, riuscendo da pochi centimetri a centrare la traversa.
Stavolta è la fine, davvero. Sul prato del Franchi i giocatori della Juve tornano a festeggiare. Lo scudetto va ai più forti, meritatamente. Più forti quest’anno significa buttarla dentro quando c’è l’occasione e poi controllare senza quasi sbavature. Magari anche meglio di quanto hanno saputo fare stasera. Ma tanto basta.

Per la Fiorentina la conclusione, se degna o indegna ognuno giudichi, di una stagione che si aggiunge al novero di quelle interlocutorie. Mentre Firenze defluisce mesta dal suo stadio, di sereno c’è solo Andrea Della Valle. Ma si sa, ormai, a lui basta poco. Dal quarto al sesto posto.

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