Il calcio è un gioco che si
pratica in undici contro undici, e alla fine vince la Juventus. L’aforisma è di
Gary Lineker, il celebre attaccante della nazionale inglese degli anni 80, che
per la verità l’aveva coniato a proposito della Germania. Ai suoi tempi
infatti, i bianchi d’Inghilterra soccombevano regolarmente di fronte a quelli
tedeschi, comunque fosse andata la partita. Ma al punto in cui stanno le cose,
può essere tranquillamente riadattato al campionato italiano, e soprattutto a
quella che una volta a Firenze veniva definita la madre di tutte le partite.
La Juventus vince al Franchi la
ventiquattresima partita su venticinque e mette le mani sul quinto scudetto
consecutivo. La Fiorentina, alla fine dei salmi, esce dal campo con la
consapevolezza di essere stata qualcosa più che uno sparring partner di lusso.
Ma, il calcio è un gioco che se non la butti dentro tutto il resto non ha
senso, aggiungiamo a corollario del teorema di Lineker. E con la Juventus di
questi tempi gli sbagli si pagano a carissimo prezzo.
Esistono vari modi per soccombere
alla Juve che trita il campionato da cinque anni a questa parte come fosse un
cumulo di sassi. C’è la modalità “notte della vergogna”, scendo in campo con la
gamba molle e la testa altrove come il 17 febbraio 2012 e ne prendo cinque
contro zero. C’è la modalità “vittoria morale ai punti”, faccio un partitone d’assedio
per novanta minuti con la Juve ridotta al catenaccio come il 25 settembre
sempre 2012, ma non la butto dentro nemmeno a piangere e alla fine lo 0-0 è
come avere perso. C’è la modalità “non ci provo nemmeno” come l’anno scorso,
0-0 anche in quel caso ma non giocato, squadre bloccate indietro e guai a chi
tira in porta, o come l’altro 0-0 dell’anno di Sinisa Mihajlovic.
Poi c’è la modalità preferita, “gioco
bene (anche perché altrimenti la gente mi assedia nello stadio fino alle tre di
notte come ai vecchi tempi) ma non la butto dentro nemmeno su rigore e prima o
poi faccio la sciocchezza che regala i tre punti alla Juve”. Andò così il primo
anno di Prandelli, rischiò di andare così perfino il 20 ottobre 2013, se non
fosse intervenuto San Giuseppe (Rossi) altro che 4-2 storico. E’ il modello
scelto anche quest’anno, collezione autunno-inverno 2015-16.
La Fiorentina esce dal campo
mentre i bianconeri festeggiano lo scampato pericolo e virtualmente anche il
trentaduesimo scudetto (o trentaquattresimo sul campo, come direbbe Andrea
Agnelli che se la ride sotto baffi e barba in tribuna). Rideva anche Andrea Della
valle, ad un certo punto. Chissà, forse per la constatazione di aver trasformato
finalmente questo Fiorentina – Juventus in una partita normale come lui sognava,
e nulla più. Il che non è detto che a gioco lungo non si risolva in un bene
(soprattutto con giocatori più efficaci e con la società in altre mani). Per adesso,
la constatazione reale è che questa è diventata una di quelle partite che
normalmente la Fiorentina butta via. Dopodiché, stagione finita, tutti al mare
e arrivederci all’anno prossimo.
Gioca bene peraltro la squadra
viola, tecnicamente meglio dei plurititolati avversari. I bianconeri quest’anno,
rispetto al recente passato, badano più al sodo. Il possesso palla, che è un po’
come la percentuale dei votanti alle elezioni, dice 62 Fiorentina, 38 Juventus.
I tiri, tra specchio della porta e fuori, dicono 21 a 6. Il risultato invece
dice 2-1 per gli ospiti, che di quei sei tiri ne mettono almeno due alle spalle
di Tatarusanu, che non si fanno trovare mai disattenti, in sottonumero, in
surplace o a pensare a chissà diavolo cosa, tranne che nell’occasione che costa
loro il momentaneo, infinitesimale pareggio. Anche i Bonucci sbagliano, sarebbe
un ottimo titolo da sceneggiato.
Stasera non sbaglia Sousa,
volente o nolente. La posta in gioco è troppo alta, la gente viola non perdona
scherzi contro la Juventus. Va in campo chi può dare il meglio, in questo
scorcio finale di stagione senza quasi ricambi, e va nella zona del campo dove
rende meglio. Così, fine delle polemiche contro Astori, che ritorna a fianco di
Gonzalo. Alonso a sinistra, Tello a destra e Bernardeschi nel mezzo. Ilicic tra
il centrocampo superstite di Borja e Badelj e un Kalinic che si spera sulla via
della resurrezione. C’è poco altro da inventarsi a questo punto, questo passa
il convento, questo deve andare contro lo Schiacciasassi campione d’Italia.
Per buona parte del primo tempo i
sassi li schiaccerebbe la Fiorentina, se avesse una punta più affilata, un po’
più di fortuna ed una arbitraggio più attento. Il paradosso è che oggi il sig.
Paolo Tagliavento della sezione di Terni, ritenuto solitamente un direttore di
gara con un occhio di riguardo per le zebre, oggi non arbitra complessivamente
affatto male, beccandosi al termine le critiche proprio delle zebre stesse.
Unico errore, per quanto clamoroso, è l’annullamento del gol di Bernardeschi al
’20. Il replay mostra il numero 10 viola tenuto in gioco da Barzagli sulla
destra in un modo assolutamente visibile sia all’arbitro che al guardalinee. Non
è dato sapere che partita avremmo visto con i viola in vantaggio. Ma il tempo per
andarci lo stesso comunque ci sarebbe, e nel prosieguo di Tagliavento non ci
sarà da lamentarsi affatto.
Il giovane Federico è il primo a
non deprimersi. Anzi, oggi farà una gran partita, una di quelle che ha
dimostrato essere nelle sue corde. Il gioiellino viola rivaleggerà con quello
bianconero Dybala per numeri e impatto sulla partita, sempre nel vivo dell’azione.
Il gol annullatogli era tra l’altro un gran gol. Eccolo un minuto dopo di nuovo
a tu per tu con Buffon, imbeccato da un Kalinic che oggi almeno riesce a fare
il rifinitore. Barzagli gli devia il tiro quanto basta per indirizzarlo verso
un clamoroso autogol, se il portiere della Nazionale non riuscisse a smorzarlo
quanto basta con la punta della suola.
La Fiorentina arremba, la Juve
aspetta tranquilla sulla propria tre quarti in attesa di colpire in
contropiede. La partita di andata qualcosa le ha insegnato. Lascia il
palcoscenico ai viola aspettando il momento in cui abbasseranno inevitabilmente
ritmo e guardia. E il momento arriva al ’39. Dybala alza quasi a campanile per
il testone di Pogba. Il francese, che quando cammina normalmente sembra avere
problemi motori ma quando galoppa sul campo è uno spettacolo della natura, fa
da torre ad occhi chiusi per il compagno che sa essere in arrivo a centro area.
E’ Mario Mandzukic, lo stesso che ruppe l’equilibrio nel match di andata.
Allora irrompendo di desto, oggi di sinistro al volo. Nell’occasione, l’altrimenti
ottimo Gonzalo è segnalato a Chi l’ha visto.
Buonanotte Fiorentina? Il match
prende la solita salita, in modalità “anche quest’anno è andata”. La Fiorentina
però stasera è doverosamente motivata. Almeno fino all’area piccola. Tello, Bernardeschi,
lo stesso Ilicic provano a sfondare in tutti i modi. Al ’43 sembra il momento
buono, la Juve senza Chiellini non è impenetrabile. Alonso si trova su
traversone da destra la palla comodamente sulla testa e mezza porta vuota. Il
replay, su cui recrimineranno i viola, mostra un Rugani che trattiene l’ala
sinistra spagnola della Fiorentina. Sta di fatto che è il primo gol che non è
ammissibile sbagliare. Il secondo arriverà in finale di secondo tempo.
La ripresa ricomincia sulle
stesse modalità. Ilicic si fa male subito calciando al volo dal limite dell’area.
La svirgolata gli costa l’infortunio ed il cambio con Mauro Zarate. L’argentino
sembra fatto apposta per questa partita, ma la Juventus è un muro che si
compatta sempre più. E che quando scende in contropiede fa paura, come in un
paio di occasioni mangiate da Pogba.
Mentre Zarate cerca di ricambiare
cortesia e brividi a Buffon, Sousa opera il secondo cambio, fuori Tello per
Mati Fernandez, Bernardeschi a destra. Il peso specifico della squadra ne
risente prontamente, e in peggio, ma ormai si gioca sui nervi. Il Berna viene
trattenuto dal coetaneo Rugani, Alonso sparacchia su Kalinic, ancora Alonso
crossa per Nessuno, inteso come attuale centravanti di questa Fiorentina.
E’ il ’36, uno stadio e una città
intera si preparano ormai all’ennesima delusione e quello che ne seguirà,
quando Bonucci compie una delle rare sciocchezze della sua carriera traccheggiando
un rinvio fino a farselo soffiare da Zarate. Palla a Kalinic, che finalmente si
ricorda di chi era, e con freddezza pari alla giustezza mette in rete. Buffon
può solo mandare a quel paese il compagno sventato.
1-1, palla al centro. La
differenza reale tra Juventus e Fiorentina si palesa pochi istanti dopo. Tanto
dura l‘equilibrio faticosamente riconquistato dai viola. Sulla ripresa del
gioco, la Juve a testa bassa si butta in avanti, pochi istanti dopo è a battere
il calcio d’angolo, pochi istanti ancora ed è tornata in vantaggio. Sul corner,
succede che Borja si perde Evra che ha il tempo di sparare nel mucchio. Il
rimpallo sarà anche sfortunato per la Fiorentina, ma ben quattro dei suoi
uomini ignorano completamente Morata (entrato al posto di Dybala poco prima)
preferendo marcare a zona Tatarusanu. Lo spagnolo ha la porta spalancata e
diversamente dal connazionale Alonso non sbaglia.
E’ finita? Macché. Allegri si
permette il lusso di ripresentare Juan Cuadrado al suo vecchio pubblico. Il
probabile sberleffo al Franchi si trasforma in un boomerang per la Juve. Al ’44
il colombiano si trova a marcare il redivivo Kalinic sulla sinistra. Il croato
lo salta secco ed il colombiano lo stende. O così pare. Il replay mostra
Kalinic cadere sulla riga, quindi dentro l’area. Il dubbio concerne quanto sia
stata fallosa la spinta di Cuadrado e quanto accentuata da Kalinic. Di
Tagliavento in ogni caso non ci si può lamentare stasera. Di Kalinic invece sì.
La telefonata dal dischetto a Buffon è una delle cose peggiori viste a Firenze,
e su di essa può chiudersi ignominiosamente la breve stagione in viola di un
attaccante dalle tante promesse non mantenute.
E’ finita? C’è tempo ancora al ’49
per l’ultimo sigillo, sempre di Kalinic, sulla madre di tutte le partite
sciagurate. Il croato salta su un traversone trovandosi praticamente sulla
linea della porta bianconera sguarnita, riuscendo da pochi centimetri a centrare
la traversa.
Stavolta è la fine, davvero. Sul
prato del Franchi i giocatori della Juve tornano a festeggiare. Lo scudetto va
ai più forti, meritatamente. Più forti quest’anno significa buttarla dentro
quando c’è l’occasione e poi controllare senza quasi sbavature. Magari anche
meglio di quanto hanno saputo fare stasera. Ma tanto basta.
Per la Fiorentina la conclusione,
se degna o indegna ognuno giudichi, di una stagione che si aggiunge al novero
di quelle interlocutorie. Mentre Firenze defluisce mesta dal suo stadio, di
sereno c’è solo Andrea Della Valle. Ma si sa, ormai, a lui basta poco. Dal
quarto al sesto posto.