domenica 20 marzo 2016

Sapessi che passione, pareggio a Frosinone

Si chiama onor di firma. E’ un impegno preso sul piano professionale. Ciò che sta mantenendo in campo la Fiorentina in queste ultime giornate, e costringendo dal canto suo il vostro cronista a commentare partite che non meriterebbero nemmeno di essere omologate.
Sgombriamo subito il campo dagli alibi. I cosiddetti propositi di vendetta dei frusinati, covati a partire dal match di andata al Franchi allorché il coach viola Paulo Sousa si permise sul 4-0 di far esordire in serie A il giovane terzo portiere gigliato Luca Lezzerini (gesto inteso dai laziali come gravissima mancanza di rispetto, fortemente antisportivo), alla prova del campo si rivelano per quello che sono: fuffa da giornalisti in crisi creativa, nonché un ennesimo spot per gli aforismi di Tavecchio ed il ritorno alla cara, vecchia serie A a 16 squadre.
Il Frosinone messo in campo oggi da quel Roberto Stellone che radio spogliatoio vuole addirittura in queste ore al centro dell’attenzione del mitico staff dirigenziale dei Della Valle (quello per capirci che parte per comprare un terzino e torna con Benalouane) è una compagine di onesti pedatori, come si diceva una volta. Nel senso che tirano pedate a tutto ciò che si muove, e pazienza se a volte è il pallone.
A fronte di ciò, la Fiorentina oggi scende in campo con diversa gente nei suoi ranghi che non si sa se è più stanca nella testa o nel fisico. E per di più raffazzonata nell’ennesima formazione sbagliata da mister Paulo Sousa (bisognerà contarle prima o poi, cominciano ad essere un numero interessante). A ciò si aggiunga che mandare ad arbitrare la Fiorentina a Frosinone un arbitro iscritto alla sezione di Roma forse non è proprio una genialata. Per la verità, fanno notare, Daniele Doveri sarebbe nato a Volterra. Da come arbitra soprattutto nel primo tempo, va riconsiderato quel detto a proposito dei morti in casa e dei pisani all’uscio.
Scherzi ed alibi a parte, se vi era sembrata mortificante ed inguardabile la prestazione dei beniamini in viola in casa contro il già retrocesso Verona, non avevate ancora visto quella contro il Frosinone a cui per retrocedere anch’egli mancano pochissimi punti. I ragazzi di Stellone fanno di tutto anche oggi per meritarsi la classifica che hanno, ma sapendo che non possono metterla sul piano tecnico né con la Fiorentina né con la maggior parte delle squadre della massima serie, cercano di metterla su quello fisico se non addirittura su quello della rissa.
Rispetto all’andata, la Fiorentina è ormai una squadra che aspetta la fine della stagione, il fischio finale dell’ultima partita, il rompete le righe che forse per qualcuno sarà addirittura un addio. A cominciare evidentemente dal tecnico, che avrà tutte le ragioni di questo mondo ad essere insoddisfatto della società che lo stipendia (ma raramente lo supporta, al di là dei discorsi padronali che lasciano sempre il tempo peggio di come lo trovano) ma che da un po’ non indovina più una formazione che una, e in compenso ultimamente sbaglia anche i cambi.
Kalinic punta unica ormai è un must, anche se è chiaro che il croato (che non è più quello di inizio stagione e che comunque forse era stato un po’ sopravvalutato) da solo non può fare reparto, al massimo può fare da catalizzatore di tutte le pedate avversarie. Quello che credevamo essere ormai un must positivo (avallato nientepopodimeno che da Antonio Conte in funzione dell’Europeo imminente) era Bernardeschi centrale e/o trequartista. Invece rieccoti Ilicic, con Il Berna di nuovo confinato a destra e Tello di nuovo confinato in panchina.
Centrocampo BorjaBadelj e Vecino, con dietro una difesa a tre può significare in questo momento non una ma ben due linee da prendere di infilata per avversari magari un po’ scarsi ma tuttavia volenterosi, quasi assatanati come questi padroni di casa all’ultima spiaggia. Succede poche volte, ma quando succede i pali della porta di Ciprian Tatarusanu (più attento del solito, va ringraziato non poco nella circostanza) tremano, e probabilmente a quest’ora non hanno ancora smesso.
Alonso non sfonda a sinistra, Bernardeschi è raddoppiato a destra. Con le buone o con le cattive i vari Ciofani, Ajeti, Blanchard costringono i viola al flipper del giropalla sterile che va a sbattere o sugli arcigni terzini o sugli ostici centrali frusinati, che poi ripartono in velocità o almeno ci provano. Fino al 44’ del primo tempo le poche occasioni toccano semmai ai padroni di casa, tutte o quasi sprecate dal tedesco Kragl. A un minuto dal fischio del riposo, Kalinic finalmente buca la difesa canarina e tira a botta sicura, ma Blanchard inizia la sua serie di interventi kamikaze che salvano il collega Leali dal dover compiere tra i pali interventi complicati.
Un minuto dopo, la sagra delle castronerie viola. Comicia Kalinic centrando il palo, sul rimpallo un Borja Valero tra i peggiori mai visti prima ciabatta sul portiere, poi da mezzo metro dalla riga di porta stampa il pallone sulla traversa, in perfetto stile Crepaldi anni settanta. Sull’ultima occasione che la dea bendata offrirebbe alla Fiorentina ancora in ribattuta, libera l’area del Frosinone Kalinic che sparacchia fuori.
Non è giornata? Forse non è più stagione. La Fiorentina torna in campo intonsa per la ripresa. Forse Sousa crede che il passare dei minuti gli darà ragione, trasformando una formazione cervellotica in una che farà un sol boccone degli avversari, al venir meno della loro foga. Accade invece che siano i canarini laziali a metterla fisicamente alle corde. Per dieci minuti la squadra gigliata quasi non la becca. Poi quando si sveglia dallo stato confusionale, ricomincia a sbagliare occasioni facendo del portierino Nicola Leali il Mattia Perin della situazione.
La parata su Bernardeschi non è facile, quella sulla testata di Vecino agevolata dal fatto che il buon Matìas ha tante doti, ma la porta non la vede proprio, né di piede né di testa. Ancora Blanchard si immola su Bernardeschi. Poco dopo è Badelj a ribadire la sua idiosincrasia al tiro in porta ed al gol.
La palla non vuole entrare, bisogna inventarsi qualcosa per approfittare del pareggio di Roma e dare ancora speranze ed illusioni a chi predica a proposito di zona Champion’s. E che ti inventa il buon Paulo Sousa? Ha un talento appena entrato nel giro della Nazionale che cerca da solo di tenere viva ed attuale la qualifica di attacco per un reparto viola che ultimamente ha la stessa prolificità dei muli? E lui lo toglie. E’ vero che mette Tello, ma non per sommare talento e gioventù a talento e gioventù. Bensì per affiancarlo ad un Ilicic che peggio non si può. Capace soltanto per tutta la partita di tentare una francamente stucchevole mezza veronica a vantaggio di un compagno che non c’é. Che anche i muri avrebbero capito da un pezzo che non c’é.
Va a finire che nel marasma ascrivibile al gioco viola anche lo spagnolino del Barcellona fa naufragio, cercando quelle penetrazioni in solitario su cui si è già dannato l’anima Bernardeschi e rarissimamente trovando spazio, mai collaborazione dei compagni. Entra anche Zarate per Badelj, e va bene che l’argentino è un funambolo ma a quel punto il Frosinone ha ripreso le misure ad una Fiorentina stanca, scorata, arruffona, inguardabile e ingiocabile. Maurito ha a disposizione un'unica occasione, su calcio di punizione, e la spreca malamente come già Alonso al primo minuto. Nel mezzo, una tra le più brutte e inutili partite della storia viola.
Infine, in zona Cesarini, anzi zona Babacar, ecco appunto il senegalese rilevare vivaddio ilicic. A quel punto della squadra che era stata per quasi due mesi in testa alla classifica non rimane più niente. Nemmeno di quella che almeno aveva fatto a pallonate con la quasi retrocessa formazione di casa. Babacar neanche si accende, quasi a non disturbare gli spenti compagni. Nel frattempo, due occasioni per gli avversari abbastanza clamorose, una girata di Tonev e una traversa di Kragl, tolgono a Sousa & C. anche la voglia di recriminare.
Il pareggio a reti inviolate della prima squadra a Frosinone serve più o meno quanto quello della Primavera a Viareggio contro l’Ajuba. La sensazione è che rimandi di un altro po’ l’agonia. E’ vero, c’è la sosta pasquale. Ma questa Fiorentina non ha più fiato, voglia, idee, gioco, testa, guida. Sta aspettando qualcosa, probabilmente di chiudere questa stagione senza altri danni e andare in vacanze a ritemprarsi. In vista di un’altra stagione, con gli stessi obbiettivi. O perlomeno, ognuno giudichi se questi sono obbiettivi.
In città si fa di nuovo un gran parlare di stadi nuovi e grandi progetti. Era una parola cara a questa proprietà una volta: progetti. Sarà bene tornare a farne, e di seri. Così non si uccidono soltanto i cavalli, ma anche la passione di una intera città. Che era famosa per averne da vendere.

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