Per la Fiorentina contro il
Verona al Franchi comincia un nuovo campionato. Tramontate le ambizioni, o
forse è meglio dire le illusioni, di squadra, tecnico e tifosi di disputare un
campionato tanto per cambiare di vertice, si ritorna alla consueta rincorsa ad
un quarto posto che è come uno scudetto o una Champion’s di corviniana memoria
e dellavalliana intenzione. Non è un caso che in tribuna ci sia Andrea Della
Valle, tornato ad assistere alle prestazioni della propria squadra con una
certa assiduità non appena svanito l’ultimo obbiettivo di una stagione che
sembrava averne diversi.
Gli scaligeri di Luigi Del Neri
sembrano l’avversario ideale per consentire alla banda viola di riprendersi
dalla batosta di Roma e di riavviare un discorso vincente dopo la lunga sosta,
quasi come quelle imposte dalla Federazione allorché gioca la Nazionale. Qualcuno
lo definisce un testa-coda. In realtà la Fiorentina della testa ormai si è
scordata, ed il Verona per quanto praticamente retrocesso non ha nessuna voglia
di restare in coda.
La sosta in ogni caso è servita,
almeno Borja Valero è recuperato alla causa e scende in campo. Per il resto la
formazione consegnata da Paulo Sousa al direttore di gara è uno tsunami. I bene
informati di calcio lo definiscono un 3-4-2-1. Alla prova dei fatti, sarà un
gran casino, con rispetto parlando. Gonzalo si siede in panchina, finora le ha
giocate tutte e merita di tirare il fiato. Quale occasione migliore? Il guaio è
che Astori da solo non può reggere la baracca, coadiuvato da un Tomovic che
alla prima pedata gialloblu deve lasciare il campo con una brutta distorsione
al ginocchio (al suo posto un impeccabile Roncaglia, ma era il minimo sindacale
oggi) e Pasqual. Sulle fasce Alonso e Tello, al centro Tino Costa e Borja
Valero. Dietro Babacar, per la prima volta titolare dal primo minuto, Mati Fernandez
e Mauro Zarate, che ha scontato la squalifica.
Dall’altra parte c’è un Verona
che non ha intenzione di far regali alla “gemella”. Con due ex vogliosi di
mettersi in mostra al Franchi (Toni e Rebic, nella ripresa con Pazzini
saliranno a tre) e un catenaccio a orologeria di quelli che Del neri è maestro
ad organizzare, il fanalino di coda pressa alto una Fiorentina che non ha
portato sul campo tutta la testa e la voglia che servirebbe.
Per quaranta minuti circa, i
viola più che azioni imbastiscono velleità. Difficile dire chi è il peggiore,
mentre il pensiero corre inevitabilmente all’ultimo anno di Prandelli,
naufragato sotto diciassette sconfitte di cui molte maturate dopo l’uscita
dalla Coppa europea. O a certe partite degli anni settanta trascorse a
registrare strafalcioni e castronerie, Antognoni a parte (che oggi non c’è). O
a un paio di Fiorentina – Verona che – fatte le debite proporzioni in un senso
o nell’altro – aprirono ufficialmente altre crisi. Nel 1978 il terribile
campionato concluso con una salvezza disperata dai ragazzi di Beppe Chiappella
cominciò proprio da una partita così, in casa con l’Hellas. Nel 1983, quello che
doveva essere il campionato della rivincita dopo la beffa di Cagliari e lo
scudetto alla Juve al fotofinish naufragò ufficialmente con il pareggio
casalingo all’ultimo minuto di Passarella & C. proprio contro gli scaligeri
e la prima contestazione aperta alla presidenza Pontello.
Non sembra il caso di oggi,
onestamente, ma la Fiorentina gioca talmente male e senza costrutto che in
qualche modo bisogna pur occupare la mente, durante un primo tempo
inguardabile. Fino al quarantesimo, quando gli unici due che hanno unito ad un
considerevole impegno qualche sprazzo di buona tecnica la portano
immeritatamente in vantaggio. Parte Tello sulla destra e superato il marcatore
va sul fondo e mette in mezzo. A centro area arriva Zarate che la piazza, e con
la deviazione decisiva del difensore Bianchetti spiazza il portiere Gollini.
Nella ripresa, di nuovo il nulla.
Interrotto dal pressing sempre più alto di Toni & C., con tentativi di
break veronese che si fanno sempre più pericolosi. Babacar infama l’unica
azione fiorentina degna del nome di “pericolosa” con un aborto di pallonetto
che probabilmente ottiene solo di spingere Sousa ad affrettare il cambio con
Kalinic. Dall’altra parte Astori salva alla disperata su Rebic che batte quasi
a colpo sicuro.
Bernardeschi rileva un Tino Costa
che ha sollevato enormi perplessità, e si mette a giocare da Bernardeschi. Ma
la squadra nel suo complesso c’è sempre meno, sia di testa che di fisico. La
sensazione è che i viola stiano mollando. A cinque minuti dalla fine,
aggrappati ad un 1-0 che pare sempre più striminzito nonostante la pochezza
dell’avversario, i gigliati provano a fotocopiare il gol del vantaggio
rispedendo sul fondo il solito Tello. Stavolta Helander devia in calcio d’angolo,
anziché nella propria porta.
Sull’azione conseguente a calcio
d’angolo malamente battuto come di consueto, è il Verona a guadagnarsi un
corner. Ed è la Fiorentina a ripetere la
distrazione difensiva apprezzata – si fa per dire – tante volte a prescindere
dai titolari in campo. Sembra uno schema, invertendo l’ordine dei difensori il
prodotto non cambia. Il portiere (il pur bravo Tatarusanu che ha parato poco
prima un insidioso calcio di punizione di Marrone) rimane tra i pali, il
difensore non salta, l’attaccante invece ha tutto il tempo di saltare e freddare
le speranze fiorentine. Stavolta tocca ad Eros Pisano, probabilmente il gol più
facile della sua carriera.
Nel recupero, Siligardi sfiora il
palo viola e Kalinic costringe Gollini ad una gran parata. E’ tardi per sognare
ancora. La Roma vittoriosa ad Udine si allontana sempre di più. L’Inter si
riaffianca e anche il Milan ormai è a -6. Ma soprattutto, i ragazzi in viola
che escono dal campo accompagnati dal coro irridente dei tifosi che cantano “vinceremo
il tricolor” e sotto lo sguardo fisso nel vuoto del loro proprietario sembrano
un gruppo di atleti che sta andando “in rottura”, come si dice in gergo.
E’ tardi per chiedere un
intervento della società, se non di tipo scaramantico. Andrea della Valle, se Lei
volesse prendere in considerazione l’eventualità di riassentarsi dal Franchi
tornando in sciopero, forse male non farebbe. Con Lei allo stadio, la
Fiorentina ha raccattato poco o nulla. E in generale in questo 2016 la sua
presenza è servita a ben poco, ce lo lasci dire.
Per il resto, la sensazione è che
ci sia poco da fare. Paulo Sousa le ha tentate tutte, e tra un po’ mancherà
anche il numero legale per scendere in campo. Ma il mister portoghese appare
egli stesso scoraggiato, incapace perfino di arrabbiarsi. O forse sa già che
questa Europa League come uno scudetto o una Champion’s, se alla fine arriverà,
non sarà lui a giocarsela l’anno prossimo.
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