venerdì 25 marzo 2016

Canzone triste

A disperdere la malinconia che come di consueto si distende su Firenze in occasione della sosta per la Nazionale, piombano le dichiarazioni shock del minore dei fratelli produttori di calzature che dal 2002 possiedono la Fiorentina. Andrea Della Valle rompe il silenzio stampa a margine di un allenamento minimalista della squadra (sembra impossibile, ma i viola convocati a giro per il mondo dalle varie nazionali sono ancora diversi) e lo fa distribuendo alla stampa, che da due mesi cerca di indovinarne i pensieri come gli aruspici divinavano l’esito di battaglie politiche e militari dal volo degli uccelli, la propria Weltanschauung. Per chi fosse a digiuno di studi filosofici, significa “visione del mondo”, e da Platone in poi non è detto che quella di ogni individuo coincida necessariamente con la realtà.
E’ il caso del giovine Andrea, che se ne esce in sostanza con un “siamo ancora lì, cinque punti sono tanti ma sono ancora pochi, chi ci contesta fa parte di una esigua minoranza e non si tratta di persone perbene”. Anche ad aver vissuto nella caverna di Platone, qualcosa dovrebbe esser trapelato sul tracollo rovinoso della Fiorentina a Roma, nonché sulla sua successiva incapacità di segnare un gol all’ultima ed alla penultima della serie A (se si eccettua l’autorete provocata da Zarate col Verona) che le sono valsi due punti in tre partite e la chiusura di qualsiasi discorso di terzo posto e Champion’s League.
Anche ad aver vissuto negli ultimi quindici anni a Casette d’Ete ed essersi fatti vedere a Firenze soltanto sporadicamente per quei novanta minuti che durano le partite e neanche sempre, dovrebbe essere trapelato qualcosa sulla pazienza infinita dei fiorentini, che nel periodo di riferimento sono stati talmente “per bene” da non aver più fatto volare non dicasi un sanpietrino ma neanche un mortaretto, per non urtare la sensibilità dei patron improntata al più algido e britannico fair play (ma di quello del tempo della Regina Vittoria).
Difficile quantificare maggioranze e minoranze, signor Della Valle, ma il numero di quelli che non ne possono più a Firenze non solo di non vincere mai nulla ma nemmeno di provarci ed andarci vicino sospettiamo che sia in crescita poderosa. Che li si voglia chiamare tifosi o clienti, in quanto paganti i fiorentini hanno preso ad intonare qualche coro non proprio beneaugurante. Qualcosa vorrà dire.
La sensazione è che ormai i proprietari di questa società e di questa squadra vivano in una torre isolata dal mondo, o in uno di quei castelli in cui i signori si raccontavano le favole di Giovanni Boccaccio al tempo della Peste Nera, con il ponte levatoio rigorosamente alzato. Tra le favole più apprezzate, quella dello stadio nuovo che tiene banco un giorno sì e un giorno no. Un signore del passato, insignito addirittura del titolo di conte, Ranieri Pontello, ha detto qualche giorno fa che di favola appunto si tratta. Che per vincer non abbisogna appunto costruir cittadelle, ma bensì frugarsi. Lui ne sa qualcosa, e sa anche quanto possono esser “poco per bene” i fiorentini quando si arrabbiano davvero. A Piazza Savonarola si sente ancora il fischio dei cubi di porfido e c’è traccia ancora dei fumogeni della polizia. Per lungo tempo il conte non poté sortir di casa senza scorta di armigeri. Altri tempi.
Altra favola da Decamerone, cioè abbastanza scollacciata, è quella che vuole i signori chiusi nel castello di Casette d’Ete intenti a rimuginare sul capro espiatorio. La Pasqua c’entra ben poco, piuttosto c’entra la necessità di trovar qualcuno su cui scaricare la colpa di tutto, malgrado si sostenga protervamente che in casa viola tutto ha funzionato all’80%. Dove sarebbero adesso Sousa ed i suoi ragazzi con il 100%? In fuga davanti alla Juventus? Benalouane sarebbe convocato come titolare inamovibile dalla Francia di Didier Deschamps? Mammana sarebbe al minimo dello stipendio in tribuna a Buenos Aires, in rotta con il River Plate, per protesta contro il mancato trasferimento alla Fiorentina?
Dicevamo del capro. L’ultimo da sacrificare sarebbe nientemeno che Daniele Prade’, accusato di non essere capace nemmeno di fare la spesa al supermercato con la lista già scritta dalla moglie. Al suo posto, i signori starebbero pensando a riprendere il capro precedente, quel Pantaleo Corvino che dovette fuggire nottetempo la sera che la Juve ne segnò cinque al Franchi, e che si prese le colpe anche per l’apertura della diga di Levane durante l’Alluvione e per i delitti del Mostro. La Fiorentina non ha ancora finito di far plusvalenze con i giocatori da lui ingaggiati, quattro anni dopo. Ma il suo nome finora non si poteva più nominare, mentre da qualche giorno non c’è pagina di giornale su cui non si legga.
Sciocchezze che vengono in testa quando si vive e si fa “imprenditoria” da quindici anni in un ambiente di cui non si è capito sostanzialmente ancora nulla? Oppure sciocchezze che vengono in testa a chi deve riempire pagine di giornale e non sa dove batterla, quella testa? Oppure a chi non sa come passare l’ennesimo fine settimana senza Fiorentina, mannaggia alla Nazionale, almeno Conte ci facesse vedere Bernardeschi in azzurro?
L’ultimo numero dieci viola in azzurro esordì a Rotterdam 42 anni fa. Si chiamava Giancarlo Antognoni, e giocò talmente bene da ricevere i complimenti del numero quattordici avversario, un tizio che si chiamava Johann Cruyff. Se n’è andato ieri a neanche settant’anni, Giovannino. Come se di tristezza in petto non ne avessimo già abbastanza, immersi come siamo in questo calcio che non regala più una gioia, e non solo per colpa dei Della Valle.
A proposito di tristezza, va fuori dal Torneo di Viareggio la Primavera viola, 2-0 dall’Inter senza ammissione di repliche. E così i titoli rimangono zero, ed il settore giovanile non riesce più – al pari della prima squadra – a ritornare agli antichi splendori. L’ultima vittoria viola al Viareggio risale al 1992. In squadra c’era il povero Riccardo Magherini.

E’ una canzone triste, cantava Ivan Graziani, cara la mia Firenze. Buona Pasqua a tutti.

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