Una cosa va detta. Questi Della
Valle in quattordici anni di gestione in accomandita della Fiorentina qualche
trucchetto l’hanno imparato. I misteri della scienza della comunicazione per
loro restano tali, come le tecniche segrete di imbalsamazione contenute nel
Libro dei Morti dell’Antico Egitto o come le tecniche di lavorazione della
terracotta policroma dei fratelli Della Robbia per noi moderni.
Ma insomma, qualche espediente da
illusionista di fine Ottocento l’hanno appreso. Bisogna dar loro atto, stavolta
non era semplice andar sopra ai rumorosi mugugni di una porzione sempre
crescente della “clientela” viola. Quest’anno l’hanno combinata grossa. Primi
(o quasi) alla fine del girone d’andata, hanno fatto un girone di ritorno come
il secondo quadrimestre che facevamo da ragazzi alle superiori, l’anno dell’esame
di maturità. Remi in barca, e arrivederci a giugno.
Si, ci voleva qualcosa, qualche
trucco tirato fuori dal cilindro del prestigiatore. Stavolta un piatto di
tagliatelle ai funghi elargito alla stampa cittadina non sarebbe bastato. Né il
rotolare di un paio di teste eccellenti, peraltro colpevoli come quei ministri
che nelle prime monarchie costituzionali si prendevano le colpe (ed i relativi
linciaggi) dei rispettivi sovrani.
Tecniche di comunicazione di
massa. Tecniche di gestione aziendale. Chiamatele come volete. Ma la materia è
la stessa, e la destinazione dove porta , anche.
Ce li immaginiamo, riuniti nel
salotto buono di Casette d’Ete. Con il fido Cognigni a prendere appunti. Il
minore, più scoraggiato del solito. Più di quattr’anni fa, dopo i fischi all’ultima
giornata, quella del salvataggio in extremis con gol di Cerci al Lecce. Più di
sei anni fa, quando fece lo spiritoso con Prandelli nel frattempo scaricato
alla Nazionale: “Un giorno mi ringrazierai”. E Prandelli: “Se vuoi posso farlo
già adesso”.
Il maggiore, con un bicchiere di
brandy in mano, in piedi accanto al camino (è un principio d’estate più freddo
del solito), interrompe il silenzio bruscamente: “Qui ci vuole il nome giusto. L’uomo
che metta a tacere la piazza, e gli abbonati in coda al botteghino”.
Vediamo un po’. Antognoni no.
Antognoni non è manovrabile, non si fa dire sul muso “Lei per chi lavora? Per
noi? E allora faccia quello che le viene detto”, come sono abituati i nostri
dipendenti.
Batistuta? Figurarsi. Ci manda a
remengo, anzi à los remengos, al primo screzio. Poi quello è uno che ha l’Argentina
in mano, quando sarà il momento. Figurarsi se viene a confondersi qui a
Firenze, in mezzo a politicanti e figuri d’ogni sorta. Tutti inconcludentes,
come dicono al suo paese.
Rui Costa? Proviamoci. O almeno
proviamo a far dire alla stampa che ci stiamo provando. E’ una bufala, si vede
lontano un miglio. Figurati se uno che è in carriera al Benfica (no, voglio
dire, avete sentito bene? BENFICA, EUSEBIO, DUE COPPE CAMPIONI NEL PALMARES, LA
STORIA DEL CALCIO) viene a perdere tempo qui, idem come quello sopra. Sì, sì, Firenze
nel cuore. Ce l’hanno tutti Firenze nel cuore. Da turisti, per una settimana.
Io non riesco a starci per più di mezza serata, dopo mi sono rotto le scatole e
devo tornare qui, a Casette d’Ete.
Martin Jorgensen….ecco, qui forse
ci siamo. Firenze nel cuore, ok, Fiorentina la mia casa, ok, la Curva non si
dimentica, ok, il calcio che conta (!!!), ok……proceda, ragionier Cognigni,
questo è uno che si è bell’e rotto le scatole di guidare pullman. Due piotte ed
è nostro. Lo mettiamo a fare da parafulmine e paratifo. Nemmeno Beniamino
Franklin.
Risolto il nome del paravento,
ehm, dell’uomo di collegamento tra la società e la piazza da mettere al posto
del povero Guerini (non servirà a un’ostia, ma almeno c’è qualcuno da mandare
in conferenza stampa, se no tocca a noi, sai che palle?), adesso parliamo di
cose serie. Ha telefonato a Pantaleo?
Cognigni si alza, agitato. Si,
dottore, ho fatto leva sulla mozione degli affetti, come mi aveva detto lei. “Torna
a casa”, gli ho detto. Non so se mi è scappato anche un “Lassie”, speriamo di
no. Ma credo l’abbia presa bene. Bestemmie almeno non ne ha dette. Non ha detto
“nonno”.
Tre giorni dopo, Cognigni
annuncia Corvino, Corvino annuncia Frejtas e forse anche Jorgensen. La Fiorentina
che non caccia uno scudo per i giocatori d’alta classifica, ne caccia a volontà
per mettere a stipendio manager su manager. D’alta quota anche loro, per
carità. Ma allora, di grazia, perché in quella bacheca polverosa sono quattordici
anni che non si mette a dimora più niente? Anzi, è tanto se non si fregano
anche quello che c’è?
Teoria e tecnica della comunicazione
con il tifoso. Da stamani tutti sono a compulsare nervosamente di nuovo i
giornali sportivi, manco fossero i Bignami di quando si studiava. Siamo già a
scorrere i nomi di tutto l’album delle figurine.
Una domanda: ma Nkulu non lo
doveva prendere il Milan?
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