mercoledì 15 giugno 2016

NON PUO’ PIOVERE PER SEMPRE




Stendiamo un velo necessariamente pietoso sulle onoranze funebri a Giuseppe Virgili detto Pecos Bill, uno degli ultimi eroi superstiti del primo scudetto viola, almeno fino a cinque giorni fa. Il figlio Aurelio, nel ringraziare la città di Firenze per aver ricambiato negli ultimi sessant’anni l’affetto che il padre le aveva dimostrato e non solo sul campo, non ha avuto parole tenere per l’A.C.F. Fiorentina. Se le cose stanno come ha raccontato (nemmeno un telegramma di cordoglio) – e non c’è motivo per non credergli – non poteva averne.
La lista si allunga. Da Gratton ad Amarildo, sono tanti coloro che hanno atteso invano il telegramma della Fiorentina, direttamente o per l’interposta persona degli eredi. Telegramma che, solitamente, è stato come il famoso bonifico di Vittorio proveniente dalla banca colombiana. Aveva le stesse probabilità di giungere a destinazione.
Il fatto è, l’abbiamo scritto più volte e lo ripeteremo all’infinito, che da quando l’A.C.F. decise di fare a meno dei servigi di Silvia Berti, il settore comunicazione e public relations della società viola ha funzionato pio meno come l’attività neuronale di un malato sofferente di dislessia e autismo insieme. Ora, finché si fanno i complimenti al Benevento invece che al Leicester di Ranieri, poco male. Claudione, di una certa Firenze, se n’è fatto una ragione ormai da tempo. Ma Virgili è un discorso diverso. Pecos Bill è la grande storia della Fiorentina. E’ come la medaglia che ti lasci rubare alla mostra in Via San Gallo. E’ uno sputo in faccia alla città e a ciò che ha di più caro.
Ce ne faremo una ragione anche noi. Tutto passa, diceva un grande filosofo greco dell’antichità. E’ crollata la Muraglia Cinese, sono finiti i Grandi Imperi, finirà anche questa occupazione di suolo pubblico che dal 2002 vede una proprietà moralmente assenteista (e negli ultimi tempi anche materialmente) dis-interessarsi di una delle istituzioni cittadine più importanti: la Fiorentina. Che non è né A.C. né A.C.F. E’ la Fiorentina e basta. La nostra squadra del cuore. E guai a chi ce la tocca.
L’abbiamo scritto più volte. Alienare una squadra di calcio è diventata negli ultimi anni faccenda complicata. L’esame dei libri contabili, delle partite e delle situazioni contrattuali è cosa che richiede tempo, staff di professionisti e di esperti di comunicazione (e qui ricasca il solito asino, povera bestia). Quando tutto va bene, ma proprio tutto, possono volerci anche un paio d’anni. Se Diego e Andrea avessero in animo di vendere, cominciano ora e finiscono probabilmente dopo la tramvia di Nardella. Se invece sono ancora in attesa di qualcosa, e non hanno ancora deciso cosa fare da grandi, allora lo scenario cambia. Ognuno si figuri il proprio, uno vale l’altro.
La sensazione è che questi imprenditori delle calzature sono venuti su con un certo sistema, e con quel sistema andranno giù. Diego Della Valle è stato ed è un prodotto del Partito Democratico, e resterà patron della Fiorentina fintanto che a Firenze ci sarà un determinato sistema di potere, con determinati referenti. Che poi aspetti la Mercafir, l’area di Castello o il prossimo passaggio della Cometa di Halley, fa tutto parte delle leggende metropolitane, e dello sbarcamento di lunario di chi deve riempire di inchiostro pagine di giornale ogni giorno. Chi lavora nell’area Mercafir sa che – magari sottovoce – tutti dicono che lo stadio in quella zona è una bufala. E’ un gioco delle parti, una commedia dell’arte. Simil baruffe chiozzotte (meno divertenti di quelle di Goldoni, a questo punto) con cui Comune e Fiorentina si reggono botta a vicenda, al di là delle apparenze. Perché nulla cambi, nessuno farà una mazza, ma darà la colpa a quell’altro, per capirsi.
Questo è il quadro. Su cui va dipinto il calciomercato della Fiorentina, perché tra due mesi si ricomincia. Mi si chiede che valore può avere il ritorno di Corvino in sella alla direzione sportiva. La risposta è abbastanza semplice, ne abbiamo anche in questo caso già accennato. Per i Della Valle, Corvino è un bene rifugio. Questo, secondo il calendario cinese (ma i cinesi purtroppo non si vedono ancora all’orizzonte), è l’Anno delle Nozze con i Fichi secchi. E quindi, chi meglio di lui? Dei diesse di Fascia Fichi Secchi il Corvo è il migliore. Pradé non era più capace di andare a prendere giocatori armato solo di discorsi. Pantaleo invece è capacissimo. Qualcosa per settembre combina di sicuro. Che poi sia un qualcosa al massimo da settimo, ottavo posto è un altro discorso. Del resto, stiamo a discutere se prendere Euro-Giaccherini al costo di 1,5 milioni di euro (il Sunderland si accontenta di poco), o se riprendere un giocatore che a ben guardare è già nostro, perché la Roma non ha nessuna voglia di finire di pagarcelo: Adem Llajic. Dove si voglia andare a parare in questo modo, ognun decida per conto proprio.
Mi si chiede anche che convenienza ha Corvino a fare il cavallo di ritorno, ed in queste condizioni di magra.  Semplice: il Corvo è in una botte di ferro. L’hanno mandato via per infame quattro anni fa, e adesso lo richiamano – se son vere le leggende – dicendogli. “Torna, questa è casa tua!”. Nemmeno Mario Merola. Chiaro che se torna in queste condizioni ha garanzie, prima di tutto quella che d’ora in avanti se le cose non andranno bene i capri espiatori saranno altri. Quello che farà lui è ben fatto di default.
A quanto ci risulta, se i Della Valle sono stati con lui sette anni, è perché ci sono stati bene. E lui pure. Sono due coniugi il cui matrimonio funzionava, e dopo una scappatella e una breve separazione, con annessa sperimentazione di altri partner rivelatisi insoddisfacenti, si rimettono insieme. Tanto, semmai, a finire sodomizzata è sempre e soltanto la Fiorentina. La nostra squadra del cuore.

P.S. il titolo è una citazione del celeberrimo film Il Corvo. Ogni riferimento….giudicate un po’ voi.

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