Stendiamo un velo necessariamente
pietoso sulle onoranze funebri a Giuseppe Virgili detto Pecos Bill, uno degli
ultimi eroi superstiti del primo scudetto viola, almeno fino a cinque giorni
fa. Il figlio Aurelio, nel ringraziare la città di Firenze per aver ricambiato
negli ultimi sessant’anni l’affetto che il padre le aveva dimostrato e non solo
sul campo, non ha avuto parole tenere per l’A.C.F. Fiorentina. Se le cose
stanno come ha raccontato (nemmeno un telegramma di cordoglio) – e non c’è motivo
per non credergli – non poteva averne.
La lista si allunga. Da Gratton
ad Amarildo, sono tanti coloro che hanno atteso invano il telegramma della
Fiorentina, direttamente o per l’interposta persona degli eredi. Telegramma che,
solitamente, è stato come il famoso bonifico di Vittorio proveniente dalla
banca colombiana. Aveva le stesse probabilità di giungere a destinazione.
Il fatto è, l’abbiamo scritto più
volte e lo ripeteremo all’infinito, che da quando l’A.C.F. decise di fare a
meno dei servigi di Silvia Berti, il settore comunicazione e public relations della
società viola ha funzionato pio meno come l’attività neuronale di un malato
sofferente di dislessia e autismo insieme. Ora, finché si fanno i complimenti
al Benevento invece che al Leicester di Ranieri, poco male. Claudione, di una
certa Firenze, se n’è fatto una ragione ormai da tempo. Ma Virgili è un
discorso diverso. Pecos Bill è la grande storia della Fiorentina. E’ come la
medaglia che ti lasci rubare alla mostra in Via San Gallo. E’ uno sputo in
faccia alla città e a ciò che ha di più caro.
Ce ne faremo una ragione anche
noi. Tutto passa, diceva un grande filosofo greco dell’antichità. E’ crollata
la Muraglia Cinese, sono finiti i Grandi Imperi, finirà anche questa
occupazione di suolo pubblico che dal 2002 vede una proprietà moralmente
assenteista (e negli ultimi tempi anche materialmente) dis-interessarsi di una
delle istituzioni cittadine più importanti: la Fiorentina. Che non è né A.C. né
A.C.F. E’ la Fiorentina e basta. La nostra squadra del cuore. E guai a chi ce
la tocca.
L’abbiamo scritto più volte.
Alienare una squadra di calcio è diventata negli ultimi anni faccenda
complicata. L’esame dei libri contabili, delle partite e delle situazioni
contrattuali è cosa che richiede tempo, staff di professionisti e di esperti di
comunicazione (e qui ricasca il solito asino, povera bestia). Quando tutto va
bene, ma proprio tutto, possono volerci anche un paio d’anni. Se Diego e Andrea
avessero in animo di vendere, cominciano ora e finiscono probabilmente dopo la
tramvia di Nardella. Se invece sono ancora in attesa di qualcosa, e non hanno
ancora deciso cosa fare da grandi, allora lo scenario cambia. Ognuno si figuri
il proprio, uno vale l’altro.
La sensazione è che questi
imprenditori delle calzature sono venuti su con un certo sistema, e con quel
sistema andranno giù. Diego Della Valle è stato ed è un prodotto del Partito Democratico,
e resterà patron della Fiorentina fintanto che a Firenze ci sarà un determinato
sistema di potere, con determinati referenti. Che poi aspetti la Mercafir, l’area
di Castello o il prossimo passaggio della Cometa di Halley, fa tutto parte
delle leggende metropolitane, e dello sbarcamento di lunario di chi deve
riempire di inchiostro pagine di giornale ogni giorno. Chi lavora nell’area
Mercafir sa che – magari sottovoce – tutti dicono che lo stadio in quella zona
è una bufala. E’ un gioco delle parti, una commedia dell’arte. Simil baruffe
chiozzotte (meno divertenti di quelle di Goldoni, a questo punto) con cui
Comune e Fiorentina si reggono botta a vicenda, al di là delle apparenze. Perché
nulla cambi, nessuno farà una mazza, ma darà la colpa a quell’altro, per
capirsi.
Questo è il quadro. Su cui va
dipinto il calciomercato della Fiorentina, perché tra due mesi si ricomincia. Mi
si chiede che valore può avere il ritorno di Corvino in sella alla direzione
sportiva. La risposta è abbastanza semplice, ne abbiamo anche in questo caso
già accennato. Per i Della Valle, Corvino è un bene rifugio. Questo, secondo il
calendario cinese (ma i cinesi purtroppo non si vedono ancora all’orizzonte), è
l’Anno delle Nozze con i Fichi secchi. E quindi, chi meglio di lui? Dei diesse
di Fascia Fichi Secchi il Corvo è il migliore. Pradé non era più capace di
andare a prendere giocatori armato solo di discorsi. Pantaleo invece è
capacissimo. Qualcosa per settembre combina di sicuro. Che poi sia un qualcosa
al massimo da settimo, ottavo posto è un altro discorso. Del resto, stiamo a
discutere se prendere Euro-Giaccherini al costo di 1,5 milioni di euro (il
Sunderland si accontenta di poco), o se riprendere un giocatore che a ben
guardare è già nostro, perché la Roma non ha nessuna voglia di finire di pagarcelo:
Adem Llajic. Dove si voglia andare a parare in questo modo, ognun decida per
conto proprio.
Mi si chiede anche che
convenienza ha Corvino a fare il cavallo di ritorno, ed in queste condizioni di
magra. Semplice: il Corvo è in una botte
di ferro. L’hanno mandato via per infame quattro anni fa, e adesso lo
richiamano – se son vere le leggende – dicendogli. “Torna, questa è casa tua!”.
Nemmeno Mario Merola. Chiaro che se torna in queste condizioni ha garanzie,
prima di tutto quella che d’ora in avanti se le cose non andranno bene i capri
espiatori saranno altri. Quello che farà lui è ben fatto di default.
A quanto ci risulta, se i Della Valle
sono stati con lui sette anni, è perché ci sono stati bene. E lui pure. Sono
due coniugi il cui matrimonio funzionava, e dopo una scappatella e una breve
separazione, con annessa sperimentazione di altri partner rivelatisi insoddisfacenti,
si rimettono insieme. Tanto, semmai, a finire sodomizzata è sempre e soltanto
la Fiorentina. La nostra squadra del cuore.
P.S. il titolo è una citazione
del celeberrimo film Il Corvo. Ogni riferimento….giudicate un po’ voi.
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