Parlo stamattina con un mio amico,
storico tifoso viola senza mai un se o un ma. Abbonato da sempre, quest’anno
quando la Fiorentina gioca in casa la sua reazione più controllata è un: Madonna
che palle, mi tocca andare allo stadio…! Stavolta deve aver passato un qualche
Rubicone. Parole sorprendenti: «Ce l’avrei avuto caro a perdere ieri con l’Atalanta,
per far scoppiare la crisi!»
Parlo con un’altra amica. Anche
lei storica, come amica e come tifosa. Parole agghiaccianti. «Te la ricordi l’Atalanta
in casa, nel 1993? Ecco, ieri forse abbiamo evitato che si ripetesse la storia….»
Come non me la ricordo, soprattutto mi ricordo la storia successiva e come andò
a finire, dall’esonero di Radice al gol udinese di Desideri a Roma.
Un altro: «Corvino è qui solo per
far cassa, poi chiudono bottega e se ne vanno, Non pagano due allenatori in
contemporanea, Sousa ce lo teniamo, a meno che a Natale non siamo in zona
retrocessione».
Questi sono gli umori di Firenze
stamattina al risveglio, mentre sorseggia un caffè più amaro di quanto era
abituata a sorbire negli ultimi anni e sfoglia le prime pagine dei quotidiani
sportivi. Uno, notoriamente vicino alle cose viola, titola a caratteri
cubitali: CORVINO: SOUSA RESTA QUI. Sottotitolo:
Sousa confermato.
Vuol dire che qualcuno l’aveva
messo in discussione? A parte lo stadio Franchi con i suoi fischi assordanti,
intendo. Qualcuno nelle riservate stanze dei bottoni? Radio Spogliatoio parla
di un faccia a faccia interaziendale, tra Corvino e Sousa. Dev’essere andata a
finire come le celebri riunioni del Soviet Supremo dell’URSS ai tempi del
comunismo, uno parla e gli altri stanno a sentire (cercando di non
addormentarsi e/o di non rompersi troppo le scatole).
Del resto, risposta non c’è, avrebbe detto il neo-Premio Nobel Bob Dylan se
per sua disgrazia avesse partecipato ai CdA della Fiorentina. Mi sa che ha
ragione quel mio amico, due insieme non ne pagano. Sousa resta qui, a meno che
non prenda a schiaffi qualche giocatore, come il buon Delio Rossi ebbe la
creanza di fare liberandoci della sua scomoda e altrettanto inutile presenza. Oppure
a meno che a Natale siamo in una posizione di classifica a cui è meglio non
pensare.
Anche perché, in quella
posizione, saremmo tanto per cambiare la squadra meno attrezzata – soprattutto mentalmente
– per lottare per la salvezza. Tra giocatori spompati, giocatori che vogliono
andarsene e sanno di potersene andare, giocatori che l’inettitudine di questo
tecnico sta mettendo in crisi tecnico-psicologica.
Immaginarsi a lottare punto a
punto con un Crotone, un Empoli, un Pescara, ma anche un’Udinese o un Palermo
Il vecchio Beppe Chiappella e il mago
Oronzo Pugliese sono ormai ad allenare gli angeli, un Luciano Chiarugi o un
Vincenzo Guerini sono fuori del libro paga dei Della Valle, da cui non hanno neanche
ricevuto peraltro un trattamento particolarmente garbato, difficile si prestino
dunque a guidare eventuali salvezze miracolo. Non ci verrebbe nemmeno un
supertifoso come Mondonico, salute a parte, a finire di rovinarsela per
rimettere in carreggiata questa banda sbandata.
Meglio non pensarci, finché si
può. Anche se all’orizzonte si staglia lo skyline
di Cagliari, una location che non è
mai stata fausta per la Fiorentina neanche negli anni delle vacche più grasse.
A perdere, cosa ampiamente alla portata di Sousa & C., domenica sera la
crisi sarebbe ufficialmente aperta. Nuovi faccia a faccia non si sa come
potrebbero finire. Per non parlare del resto della stagione.
L’allenatore non ha più in mano
una squadra che peraltro gli ha funzionato bene finché ha proceduto sulla forza
d’inerzia di Vincenzo Montella. Esaurita la quale, ed in assenza di cambi
sostanziali (anzi con il depauperamento regolarmente arrivato ad una giornata
dalla conclusione, secondo gli stilemi del calciomercato viola), i nodi sono
venuti al pettine anche per chi, come Borja Valero, a Firenze aveva giurato
amore eterno e fedeltà assoluta. L’amore è una cosa, le gambe ed il fiato sono
un’altra.
Chissà dove sarebbe stato a quest’ora
il buon Borja se la Roma non si fosse suicidata in casa con il Porto. Chissà
dove sarebbero stati Kalinic, Vecino e/o Badelj se il Chelsea non avesse avuto
da risarcire de facto la Fiorentina
per l’affaire Salah supervalutando Alonso all’inverosimile. Chissà dove
sarebbero, e visto come giocano c’è da rammaricarsi che non ci siano.
Chissà dove sarebbero Sanchez, Milic
e compagnia bella se invece di un commissario liquidatore la Fiorentina avesse
assunto un direttore sportivo vero, uno che se serve un terzino compra un
terzino, e magari di quelli che sanno anche crossare.
Chissà dove saranno tra un anno –
di questo passo – Bernardeschi, Babacar e Tello, i primi due gli unici prodotti
del vivaio viola ad avere la ventura di finire in prima squadra da quattordici
anni a questa parte (e anche questo la dice lunga sulla capacità di investire
dei Della Valle), l’ultimo un prodotto del vivaio blaugrana che l’A.C.F. ha fatto fuoco e fiamme per tenere e che, al
pari degli altri due, sta cercando con tutte le sue forze di rovinare. Così
neppure più i giocatori in prestito le daranno.
Rovinare i giovani, demotivare i
vecchi, dare via i migliori, tenere gli scarponi
o prenderne di nuovi e magari autoconvincersi che si tratta di colpacci di
mercato, è la nuova frontiera viola. Personalmente Carlos Alberto Sanchez
Moreno più che ad un astro del centrocampo mi fa pensare ad un Barry White
giovane. Lo ballavamo tutti, ma perché in quel momento la disco music non offriva di meglio.
Gli altri, vecchi e nuovi, sono
da cupio dissolvi. Oppure, visti
gioco e risultati, da cupio la
vecchia Fiorentina anni Settanta, Galdiolo, Tendi, Della Martira, Lelj, Orlandini,
Guerini, Roggi. Ma che erano peggio di questi qui?
Facciamo questi benedetti 40 punti prima
possibile.
Nessun commento:
Posta un commento