lunedì 17 ottobre 2016

Il progetto va avanti



Parlo stamattina con un mio amico, storico tifoso viola senza mai un se o un ma. Abbonato da sempre, quest’anno quando la Fiorentina gioca in casa la sua reazione più controllata è un: Madonna che palle, mi tocca andare allo stadio…! Stavolta deve aver passato un qualche Rubicone. Parole sorprendenti: «Ce l’avrei avuto caro a perdere ieri con l’Atalanta, per far scoppiare la crisi!»


Parlo con un’altra amica. Anche lei storica, come amica e come tifosa. Parole agghiaccianti. «Te la ricordi l’Atalanta in casa, nel 1993? Ecco, ieri forse abbiamo evitato che si ripetesse la storia….» Come non me la ricordo, soprattutto mi ricordo la storia successiva e come andò a finire, dall’esonero di Radice al gol udinese di Desideri a Roma.


Un altro: «Corvino è qui solo per far cassa, poi chiudono bottega e se ne vanno, Non pagano due allenatori in contemporanea, Sousa ce lo teniamo, a meno che a Natale non siamo in zona retrocessione».


Questi sono gli umori di Firenze stamattina al risveglio, mentre sorseggia un caffè più amaro di quanto era abituata a sorbire negli ultimi anni e sfoglia le prime pagine dei quotidiani sportivi. Uno, notoriamente vicino alle cose viola, titola a caratteri cubitali: CORVINO: SOUSA RESTA QUI. Sottotitolo: Sousa confermato.
Vuol dire che qualcuno l’aveva messo in discussione? A parte lo stadio Franchi con i suoi fischi assordanti, intendo. Qualcuno nelle riservate stanze dei bottoni? Radio Spogliatoio parla di un faccia a faccia interaziendale, tra Corvino e Sousa. Dev’essere andata a finire come le celebri riunioni del Soviet Supremo dell’URSS ai tempi del comunismo, uno parla e gli altri stanno a sentire (cercando di non addormentarsi e/o di non rompersi troppo le scatole).
Del resto, risposta non c’è, avrebbe detto il neo-Premio Nobel Bob Dylan se per sua disgrazia avesse partecipato ai CdA della Fiorentina. Mi sa che ha ragione quel mio amico, due insieme non ne pagano. Sousa resta qui, a meno che non prenda a schiaffi qualche giocatore, come il buon Delio Rossi ebbe la creanza di fare liberandoci della sua scomoda e altrettanto inutile presenza. Oppure a meno che a Natale siamo in una posizione di classifica a cui è meglio non pensare.
Anche perché, in quella posizione, saremmo tanto per cambiare la squadra meno attrezzata – soprattutto mentalmente – per lottare per la salvezza. Tra giocatori spompati, giocatori che vogliono andarsene e sanno di potersene andare, giocatori che l’inettitudine di questo tecnico sta mettendo in crisi tecnico-psicologica.
Immaginarsi a lottare punto a punto con un Crotone, un Empoli, un Pescara, ma anche un’Udinese o un Palermo Il vecchio Beppe Chiappella e il mago Oronzo Pugliese sono ormai ad allenare gli angeli, un Luciano Chiarugi o un Vincenzo Guerini sono fuori del libro paga dei Della Valle, da cui non hanno neanche ricevuto peraltro un trattamento particolarmente garbato, difficile si prestino dunque a guidare eventuali salvezze miracolo. Non ci verrebbe nemmeno un supertifoso come Mondonico, salute a parte, a finire di rovinarsela per rimettere in carreggiata questa banda sbandata.
Meglio non pensarci, finché si può. Anche se all’orizzonte si staglia lo skyline di Cagliari, una location che non è mai stata fausta per la Fiorentina neanche negli anni delle vacche più grasse. A perdere, cosa ampiamente alla portata di Sousa & C., domenica sera la crisi sarebbe ufficialmente aperta. Nuovi faccia a faccia non si sa come potrebbero finire. Per non parlare del resto della stagione.
L’allenatore non ha più in mano una squadra che peraltro gli ha funzionato bene finché ha proceduto sulla forza d’inerzia di Vincenzo Montella. Esaurita la quale, ed in assenza di cambi sostanziali (anzi con il depauperamento regolarmente arrivato ad una giornata dalla conclusione, secondo gli stilemi del calciomercato viola), i nodi sono venuti al pettine anche per chi, come Borja Valero, a Firenze aveva giurato amore eterno e fedeltà assoluta. L’amore è una cosa, le gambe ed il fiato sono un’altra.
Chissà dove sarebbe stato a quest’ora il buon Borja se la Roma non si fosse suicidata in casa con il Porto. Chissà dove sarebbero stati Kalinic, Vecino e/o Badelj se il Chelsea non avesse avuto da risarcire de facto la Fiorentina per l’affaire Salah supervalutando Alonso all’inverosimile. Chissà dove sarebbero, e visto come giocano c’è da rammaricarsi che non ci siano.
Chissà dove sarebbero Sanchez, Milic e compagnia bella se invece di un commissario liquidatore la Fiorentina avesse assunto un direttore sportivo vero, uno che se serve un terzino compra un terzino, e magari di quelli che sanno anche crossare.
Chissà dove saranno tra un anno – di questo passo – Bernardeschi, Babacar e Tello, i primi due gli unici prodotti del vivaio viola ad avere la ventura di finire in prima squadra da quattordici anni a questa parte (e anche questo la dice lunga sulla capacità di investire dei Della Valle), l’ultimo un prodotto del vivaio blaugrana che l’A.C.F. ha fatto fuoco e fiamme per tenere e che, al pari degli altri due, sta cercando con tutte le sue forze di rovinare. Così neppure più i giocatori in prestito le daranno.
Rovinare i giovani, demotivare i vecchi, dare via i migliori, tenere gli scarponi o prenderne di nuovi e magari autoconvincersi che si tratta di colpacci di mercato, è la nuova frontiera viola. Personalmente Carlos Alberto Sanchez Moreno più che ad un astro del centrocampo mi fa pensare ad un Barry White giovane. Lo ballavamo tutti, ma perché in quel momento la disco music non offriva di meglio.
Gli altri, vecchi e nuovi, sono da cupio dissolvi. Oppure, visti gioco e risultati, da cupio la vecchia Fiorentina anni Settanta, Galdiolo, Tendi, Della Martira, Lelj, Orlandini, Guerini, Roggi. Ma che erano peggio di questi qui?
Facciamo questi benedetti 40 punti prima possibile.

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