venerdì 20 maggio 2016

LA STORIA VIOLA FUTURA



Il Milan a sorpresa batté la Juve nella finale di Coppa Italia, come una gran parte degli scommettitori (orientati da alcuni hints del better leader Gigi Buffon) avevano previsto. In una tragica riunione del board della Tod’s a Casette d’Ete, giunse il responso della Federcalcio: Milan qualificato direttamente alla Europa League, Fiorentina ai preliminari.
Diego Della Valle, che stava registrando negli studios di Casette il suo nuovo spot elettorale: Le Marche sono il mio paese, perché scendo in campo, ebbe uno scatto d’ira e prese una decisione che si sarebbe rivelata fatale. Basta, tengo tutti, anche Gomez e Rossi, perfino Błaszczykowski (a proposito, ma chi diamine è, ma che pago anche questo?), al minimo dello stipendio. Per Salah arriverò fino alla Federazione Interstellare. Tutto il potere a Darth Cognigni, agente 00Sousa con licenza di uccidere. Questa volta si fa sul serio, a costo di sacrificare mio fratello a Baal-Moloch.
L’estate del 2016 per la Fiorentina fu quella che i profeti dell’Antico Testamento avevano annunciato con toni apocalittici. Altro che Gubbio. Arrivarono le cavallette, nel senso che in tribuna stampa chiesero l’accredito perfino il gatto di Cerci e la pantegana che abitava da anni nei gabinetti sotto la Curva Fiesole. I giornalisti c’erano già.
Al preliminare d’andata in casa contro il Vladivostok la Fiorentina si presentò con una formazione così composta: Tatarusanu, Roncaglia, Tomovic, Della Martira IV, Canà, Kikatzé, Restelli (clonato), Rocio Valero (con delega del marito), Gomez, Rossi (Paolo, pronto a tornare in squadra, essendo Mediaworld sponsor accessorio della società), Nonpervenido.
La fortuna non arrise alla squadra viola, che attaccò insistentemente, andando anche in vantaggio ma finendo per perdere 0-6. A fine partita, Mario Gomez dichiarò che l’unico italiano buono è l’italiano morto. Si prese una testata nel setto nasale da Riganò, che transitava lì vicino casualmente. L’intervista degenerò in rissa, qualcuno offese la mamma di Andrea Della valle il quale si chiuse in un silenzio stampa che dura tutt’oggi. Diego invece, non avendo capito che la mamma offesa era anche la sua, iniziò una tribuna elettorale con Lilli Gruber su cui stanno ancora discutendo alla Sorbona di Parigi. Il patron viola dichiarò, tra l’altro: è meglio se scendo in campo e mi tengo un po’ in disparte, non scendo per niente, mi faccio aspettare o mi faccio tenere il posto da Cognigni?
Cognigni, che era impegnato dalla costruzione della Morte Nera negli stabilimenti di Bruzzone Marche (sede del nuovo brand che aveva sostituito Florence Tod’s), dovette rientrare precipitosamente in sede a Firenze (sbagliando anche strada per la desuetudine) e richiamare all’ovile Patrizia Panico della Fiorentina Women’s, altrimenti per il ritorno a Vladivostok mancava il numero legale.
Non ci faremo sorprendere in nessun caso, ripeteva per i corridoi del Franchi Andrea Della Valle. Scansando un manrovescio del fratello, si avviò anch’egli verso il pullman da cui non sarebbe più ridisceso. Risultò disperso lungo la Transiberiana, che aveva scambiato per la tramvia di Scandicci ultimata dal suo amico Renzi. La squadra ne prese altri sei in Siberia, battendo il record della Sampdoria.
A fine agosto, alla vigilia del campionato, Darth Cognigni aveva già licenziato tre allenatori, battendo il record di Zamparini, e sedato due rivolte di piazza, o per meglio dire di piazzalino, quello antistante l’ingresso della Tribuna Autorità. La prematura eliminazione dalla coppa fu seguita da un avvio di campionato  che a fine ottobre vedeva la Fiorentina costruita a costo zero a punti zero. Diego non sapeva più che pesci pigliare. Eppure 'sto Vierchowod l’ho già risentito nominare, mormorava sommessamente guardando l’allenatore che alla fine Darth Cognigni gli aveva messo sotto contratto.
Guerini, chi era costui? ululava alle pareti il manager Rogg aggirandosi anche lui nei sotterranei del Franchi in cerca della pantegana della Curva Fiesole, avendo convocato una conferenza stampa ristretta a cui nemmeno lei si era presentata.
A natale, DDV presentò il suo programma in vista delle elezioni. La Confindustria si incavolò a bestia, avendo dedicato ore alla sua lettura e non avendoci capito una mazza. Dette mandato alla Federcalcio di sanzionare la scheggia impazzita del sistema attaccandolo in ciò che aveva più caro, i 250 milioni di euro investiti nella Fiorentina. Cominciarono a mandare alle partite dei viola arbitri provenienti dal badminton. Durante una trasferta a Crotone, fu squalificato l’autista. I giocatori dovettero tornare a piedi lungo l’Appennino, dandosi alla macchia. Qualcuno, arrivato a Gubbio, ebbe una botta di nostalgia e decise di fermarsi lì.
A maggio, la Fiorentina era stata retrocessa in C4 per indegnità morale. Il titolo sportivo era tornato nelle mani del Comune. Dario Nardella si vide arrivare un giorno in ufficio Eugenio Giani, che gli sparò a bruciapelo: “Ho l’uomo che fa per noi!” Da un passaggio segreto di quelli costruiti dal Vasari, ecco saltare fuori il Mago Zurlì che gridò al Sindaco: “Topo Gigio! Finalmente ti ho ritrovato! Quanti anni!
La crisi istituzionale dura tutt’ora. La Fiorentina invece fu data a prezzo simbolico ad un risuolatore di scarpe di Ponte a Mensola, che in quindici giorni compì il miracolo di rimettere insieme una squadra dal nulla, ed iscriversi al campionato su Vega.
Il resto è storia. Sono 24 anni che la Fiorentina non è più retrocessa, a Gubbio non ha più nevicato, nessuno ha più rivisto il Nardella e il Giani, il piazzamento peggiore è stato il sedicesimo posto, che dà diritto alla partecipazione alla sagra del tortello di Sagginale, senza passare dai preliminari. Il decano dei giornalisti fiorentini presenterà prossimamente le proprie memorie, dal titolo: “Noi siamo questi, la nostra dimensione è questa”. In copertina, il celebre piatto di pappardelle alla lepre trangugiato nell’estate del 2012 a Moena da circa 370 addetti stampa accreditati al seguito della squadra.
Pasqual fece la sua ricomparsa un bel giorno d’inverno, avvolto in un mantello. Gli si parò di fronte uno steward, ai tornelli dello stadio. Lui sollevò la mano, e con l’antica arte manipolatoria delle menti deboli propria dei cavalieri Jedi, disse: “Servi bene il tuo padrone”, invitandolo a farsi da parte.
Lo steward, con voce monocorde da ipnotizzato, gli rispose: “Il mio padrone non so nemmeno chi caspita sia”.
To be continued (purtroppo)

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